Birmania, la fuga delle minoranze

28 gennaio 2013 – Birmania: continua la fuga della minoranza musulmana, quasi 1.500 persone in gennaio hanno cercato riparo in Thailandia. La Thailandia concede asilo ai profughi Rohingya – la questione dei Rohingya deve essere risolta

L’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) saluta la decisione del governo thailandese di concedere temporaneamente asilo ai Rohingya provenienti dalla Birmania. Si tratta di un gesto umanitario importante che speriamo possa contribuire ad aumentare la pressione sulla Birmania affinché ponga finalmente termine alla discriminazione e alla persecuzione dei Rohingya. L’APM inoltre chiede alla comunità internazionale di adoperarsi per convincere la Birmania (Myanmar) a procedere verso il riconoscimento dei Rohingya come cittadini birmani e verso una soluzione costruttiva della questione.
In seguito alle forti critiche da parte di organizzazioni umanitarie e dei diritti umani di tutto il mondo per i rimpatri forzati, lo scorso 25 gennaio il governo thailandese ha deciso di concedere ai profughi Rohingya almeno sei mesi di asilo. Il governo thailandese intende utilizzare questo lasso di tempo per avviare colloqui tra il governo birmano, l’Alto Commissariato per i Profughi delle Nazioni Unite (ACNUR) e l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) con lo scopo di individuare una soluzione alla questione Rohingya in Birmania.

Negli ultimi quattro giorni altri barche con complessivamente 275 Rohingya sono approdate alle coste della Thailandia meridionale. Venerdì 25 gennaio 96 Rohingya affamati sono riusciti a raggiungere le coste thailandesi e la salvezza. Erano partiti lo scorso 1 gennaio ma dopo tre settimane di fuga avevano finito le provviste nutrendosi solo di riso crudo. Sempre la settimana scorsa la Thailandia ha accolto altri 179 profughi Rohingya. Da novembre 2012 a oggi i Rohingya fuggiti dalla Birmania e approdati in Thailandia sono stati 4.100, di cui solo 1.477 sono giunti in Thailandia nel gennaio 2013, per lo più via mare. Finora la Thailandia rimpatriava forzatamente i profughi dopo pochi giorni dal loro arrivo ma di ritorno in Birmania i profughi rischiavano alte pene carcerarie per “fuga dalla repubblica” nonostante i circa 600.000 Rohingya della Birmania non siano riconosciuti come cittadini birmani.

Il ripensamento della Thailandia della propria politica per i profughi è probabilmente legato a cause polictiche ed economiche. In febbraio 2013 il ministero degli esteri statunitense avvierà un’indagine per verificare quanto il governo thailandese ha fatto per porre fine al commercio di esseri umani. Il paese asiatico è stato posto sulla lista dei paesi da monitorare per ben 2 volte di seguito, alla terza volta la Thailandia rischierebbe sanzioni economiche da parte degli USA. Dopo un servizio del 21 gennaio 2013 dell’emittente britannica BBC secondo cui ufficiali thailandesi venderebbero i profughi Rohingya a trafficanti di esseri umani, il governo thailandese è dovuto correre ai ripari. L’APM pensa che la fine dei rimpatri forzati serva unicamente per mettersi in bella luce con gli USA, per i Rohingya però ciò che importa ora è che non saranno più rimpatriata forzatamente in Birmania e che il governo thailandese sembra volersi impegnare per una una soluzione a lungo termine.

Cipsi

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