venerdì, Novembre 22, 2024
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Congo: stupri di massa nel nome del Dio Coltan

Nella Repubblica Democratica del Congo stanno avvenendo fatti che non hanno niente di umano. A certificarlo è un rapporto redatto da esperti delle Nazioni Unite che hanno raccolto testimonianze agghiaccianti sulle violenze perpetrate ai danni delle donne nel nord-est del Congo.

Secondo il rapporto le donne congolesi non sarebbero vittime solo dei ribelli del M23, anzi, il numero maggiore di violenza sessuali denunciato sarebbe da attribuire ai militari dell’esercito regolare congolese (FARDC) e persino agli uomini della missione Onu (MONUSCO).

La crudeltà sta proprio in questo. Le donne e le bambine in fuga dai combattimenti e dai ribelli del M23 si rifugiano nei campi protetti dagli uomini del FARDC e dell’Onu finendo in mano proprio ai loro aguzzini. Centinaia di casi di stupro sono stati certificati nel periodo che va dal novembre 2012 al marzo 2013. Di questi moltissimi riguardano ragazzine adolescenti di età compresa tra i 12 e i 16 anni. Almeno in 33 casi la violenza sessuale è stata perpetrata ai danni di bambine tra i 6 e i 10 anni. E questi numeri sono solo la punta dell’iceberg perché in almeno il 75% dei casi le violenze non vengono denunciate.

Contrariamente a quello che si pensa non sono i ribelli del M23 a compiere il maggior numero di violenze, ma sono gli uomini dell’esercito congolese e quelli delle forze Onu. Agli stupri, spesso di gruppo, si aggiungono gli omicidi e le torture. In molti casi la donna o la ragazzina stuprata è stata uccisa sommariamente dopo aver subito lo stupro. In almeno una ventina di casi sono stati riscontrati segni di indicibili torture ai danni delle vittime.

Le donne del Congo non hanno scampo. Fuggono dalle violenze per finire in un turbine di violenze addirittura peggiori, stuprate e uccise da coloro che dovrebbero difenderle. Non credo che ci sia niente di peggio.

Il brutto è che tutto questo avviene nella sostanziale indifferenza del mondo. Il Congo e in particolare il nord-est del Paese, è troppo importante per le economie occidentali perché l’occidente si scandalizzi di queste immani violenze e faccia qualcosa di concreto per fermarle. Fino a che i bambini lavoreranno a meno di un dollaro al giorno per estrarre il Coltan e gli altri minerali preziosi, quello che accade intorno è ininfluente per l’occidente. L’importante è che venga garantito il flusso del prezioso minerale che permette ai nostri telefoni cellulari e ai nostri computer di funzionare. Se poi si ammazzano milioni di persone, se le donne del Congo non hanno scampo alle violenze, se bambine di appena sei anni vengono stuprate e uccise dagli uomini che le dovrebbero proteggere, non importa niente a nessuno. L’importante è che le miniere continuino a produrre.

Il nostro gruppo da anni continua a chiedere l’introduzione di un protocollo per la certificazione del Coltan che porti alla fine delle violenze in Congo. Ora ci riproviamo con Rights Reporter. Sarebbe un enorme passo avanti e una azione concreta che va oltre le parole di rito per mettere fine alle violenze in RD Congo. E’ una battaglia impari che ci vede contrapposti alle più grandi multinazionali del mondo che da queste guerre, da queste violenze, traggono enormi benefici finanziari e che quindi non sono disposte a “mollare l’osso” tanto facilmente. Ma ci crediamo. Ci dobbiamo credere anche per quelle donne che ogni giorno in Congo subiscono violenza solo perché noi si possa usufruire dei vantaggi derivanti da quel minerale che fa funzionare i nostri apparecchi elettronici.

Claudia Colombo

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Ufficio stampa

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