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Il legame tra risorse naturali e conflitti è presente circa nel 20% dei quasi 400 conflitti in corso nel mondo e in Africa almeno 33 conflitti hanno origine nel commercio delle risorse minerarie. Si tratta, in particolare, di 4 minerali, oro, tungsteno, stagno e coltan, utilizzati in una vasta gamma di settori industriali e commerciali, tra cui quelli dell’elettronica e dell’aerospaziale. Secondo l’Organizzazione per lo Sviluppo Industriale delle Nazioni Unite, le entrate delle esportazioni mine-rarie rappresentano il 24% del PIL dell’Africa che, da sola, possiede il 30% delle riserve minerarie del mondo e una percentuale ancora maggiore di giacimenti di oro, platino, diamanti e manganese. L’esportazione dei minerali dai paesi africani, così come è organizzata, provoca impoverimento sociale e del territorio, danni ambientali, e spesso insicurezza e guerre (anche di bassa intensità, come nella Regione dei Grandi Laghi africani). La comunità internazionale ha grosse responsabilità perché, pur conoscendo-le, diffonde scarse notizie sui conflitti che hanno come causa l’estrazione ed il commercio dei minerali, in particolare quelli necessari per le produzioni tecnologiche; tale commercio presenta spesso zone oscure in cui i minerali sono scambiati illegalmente, senza alcun rispetto dei diritti dei lavoratori, quando non in cambio di armi, per continuare a produrre guerra, insicurezza, e poter agire indisturbati nel commercio. In questo momento storico in cui l’economia mondiale presta particolare attenzione al continente africano, come riserva di materie prime e forza lavoro ma anche come possibile mercato per il futuro e per uscire dalla crisi, l’Unione Europea, attraverso l’allora alto rappresentante per gli affari esteri e per la politica di sicurez-za, Catherine Ashton, e l’allora commissario per il Commercio, Karel De Gucht, lo scorso 5 marzo 2014 ha elaborato una proposta di regolamentazione per il commercio di minerali provenienti da zone di conflitto. La proposta si basa su due principi fondamentali: agevolare le aziende che desiderano procurarsi i minerali in modo responsabile e incoraggiare il commercio lecito, presentando un progetto di regolamento che istituisca un meccanismo di auto-certificazione per gli importatori europei che, su base volontaria, potranno rendere conto dell’applicazione del dovere di diligenza alla loro filiera di approvvigionamento in minerali. Il dovere di diligenza è l’insieme dei provvedimenti presi per individuare, prevenire ed evitare il rischio che il commercio dei minerali contribuisca a finanziare le attività di qualsiasi gruppo armato. Apprezziamo la volontà della Commissione Europea di voler varare un regolamento europeo sull’importa-zione di minerali provenienti da zone di conflitto, ma ci pare insufficiente. Sosteniamo la richiesta di EurAc, una rete di 39 organizzazioni europee che si occupano di Africa centrale (Burundi, Rwanda, RD Congo) ai parlamentari europei ed ai governi degli Stati membri dell’UE di proporre emendamenti al Regolamento presentato dalla Commissione, per rendere obbligatoria l’applicazione della Guida dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) da parte di tutte le industrie che si approvvigionano di minerali provenienti dall’Africa Centrale. Solo tale proposta, accompa-gnata da misure volte a rafforzare la capacità e la volontà degli Stati dell’Africa Centrale di controllare la produzione e il commercio dei minerali, permetterà di ridurre i rischi di finanziamento di conflitti a partire dal mercato europeo. PETIZIONE Ai Parlamentari europei ed ai membri della Commissione europea In riferimento al regolamento per l’importazione responsabile di stagno, tantalio, tungsteno e oro ed i rispetti-vi minerali grezzi, provenienti da aree in conflitto o ad alto rischio, chiediamo: • di modificare il progetto di regolamento in modo da sostituire lo schema di auto-certificazione volontaria con un regime obbligatorio per le imprese, affinché rendano pubblicamente conto di ciò che hanno fatto cir-ca l’applicazione del dovere di diligenza alle loro catene di approvvigionamento, in conformità con la Guida OCSE; • di ampliare il campo d’applicazione delle imprese coperte dal progetto, finora limitato agli importatori, alle fonderie e alle raffinerie, per potervi includere le principali società che commercializzano in Europa i 3T e l’oro sotto forma di prodotti finiti (end-users). • di approvare e rendere operativo il regolamento nei tempi più rapidi possibili.
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