lunedì, Novembre 25, 2024
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31 marzo: docu-film “La trattativa”, da Funima

Un importante evento, che stiamo organizzando un po’ in tutta Italia, si tratta della proiezione del docu-film “La Trattativa” diretto da Sabina Guzzanti.

Se siete interessati a darci una mano per portare a conoscenza di quante più persone i fatti di cui tratta il film e quindi organizzare una proiezione con dibattito nel vostro territorio non esitate a contattarmi.

Vi giro tutte le info dalla pagina Facebook sull’appuntamento che si svolgerà questa sera nel nostro territorio. Allego la locandina.

proiezione super 8 (2)

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Cinema Multiplex Super8-Multimovie, Tavola della Legalità ed AntimafiaDuemila organizzano la proiezione del docu-film “La trattativa”.
Il docu-film verrà proiettato presso il Cinema Multiplex Super8 di Campiglione di Fermo (FM) con possibilità di PREVENDITA. (Contattare direttamente il cinema Multiplex Super8 – tel. 0734.628853)

Sarà presente la regista SABINA GUZZANTI che interverrà nel dibattito organizzato subito dopo la proiezione insieme a Giorgio Bongiovanni, direttore della testata AntimafiaDuemila.

Interverrà via Skype Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo Borsellino e presidente del movimento Agende Rosse

Il dibattito sarà proiettato in diretta streaming qui: http://www.livestream.com/antimafiaduemila

Prezzo del Biglietto € 4,50 euro.

“…Volevo mettere in fila i fatti, gli eventi, le motivazioni speculari di chi da sponde lontane, dopo le stragi mafiose del ’92 e del ’93, si era messo all’opera per trovare un compromesso tra due mondi. C’erano una serie di eventi isolati, di dati contraddittori in bilico tra certezza documentale e pura congettura che andavano legati restituendo alla materia forma e consequenzialità”.
(Sabina Guzzanti, regista del docu-film La Trattativa)

“Paolo aveva visto cosa c’era dentro quello stato che lui serviva, dentro il quale non si distingueva più dove iniziava e finiva lo stato e dove la mafia…. …Gli organi d’informazione non dicono niente, preferiscono parlarci continuamente con minuziosi dettagli dei processi riferiti ad altri tipi di delitti tenendosi ben lontani da quello che considero essere il peccato originale della nostra seconda Repubblica” 

(Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo Borsellino).

“Un film scomodo , che mostra come parte del nostro stato sia occupato da delinquenti criminali. Alcuni magistrati esasperati ma lucidi hanno parlato di stato-mafia rappresentato da uomini che ancora occupano il nostro stato, e di stato-stato rappresentato dai nostri martiri e da quei pochi uomini che seguono quella stessa eredità morale”. 

(Giorgio Bongiovanni, direttore AntimafiaDuemila)

Approfondimento
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LA TRATTATIVA
MEMORIA TRATTATIVA del 5.11.2012

Secondo la ricostruzione emersa dalle risultanze finora acquisite, la trattativa, dal lato di Cosa Nostra, venne originariamente gestita direttamente dall’odierno imputato Salvatore RIINA, all’epoca capo assoluto del sodalizio mafioso, mentre, da parte dello Stato, venne condotta da alcuni alti ufficiali dei Carabinieri ovvero il Comandante del ROS Gen. Antonio SUBRANNI, il suo Vice Col. Mario MORI e il Cap. Giuseppe DE DONNO, a loro volta investiti dal livello politico (ed in particolare dal sen. Calogero MANNINO, all’epoca Ministro in carica ed esponente politico siciliano di grande spicco), che contattarono Vito CIANCIMINO – a sua volta in rapporti con Salvatore RIINA per il tramite di Antonino CINA’ – nel 1992, nel pieno dispiegarsi della strategia stragista.
In quello stesso periodo, il medesimo col. MORI venne in contatto –attraverso l’intermediazione del M.llo Roberto TEMPESTA e di Paolo BELLINI – con i capi di Cosa Nostra lungo il parallelo asse costituito da Antonino GIOE’ e Giovanni BRUSCA…..

Si evinceva che le “ambasciate” che RIINA faceva pervenire allo Stato si risolvevano nella minaccia di proseguire nella strategia stragista qualora non fossero state accolte alcune richieste di benefici in favore di “Cosa Nostra”.
Come è noto, è proprio in tale contesto che si inserisce la vicenda del c.d. “papello” delle richieste che, secondo dichiarazioni di più collaboratori, Cosa Nostra fece recapitare ai suoi “interlocutori” istituzionali per ottenere, in tal modo, i benefici in cambio dei quali avrebbe posto fine alla strategia omicidiaria avviata nel 1992 (circostanze queste di cui collaboratori di giustizia del calibro di Giovanni BRUSCA e Salvatore CANCEMI – già appartenuti alla Commissione provinciale di Palermo di Cosa Nostra – hanno dichiarato di avere avuto notizia personalmente da Salvatore RIINA).
Ed è, pertanto, proprio in tale ambito di verifica e approfondimento che è stato attenzionato anche il diverso aspetto concernente la c.d. “altra trattativa” del 1992, apparentemente autonoma e distinta dalla prima, ma che con essa si intreccia ed in parte si sovrappone per scansione temporale, oggetto, finalità e soggetti coinvolti (così come prospettato – in particolare –nelle dichiarazioni di Giovanni BRUSCA): e cioè, la vicenda del diverso canale di dialogo avviato lungo l‘asse GIOÈ –BELLINI –TEMPESTA – MORI, nell’ambito del quale Cosa Nostra offrì la restituzione di pregiatissime opere d’arte rubate, richiedendo come contropartita la concessione degli arresti domiciliari ad alcuni esponenti di vertice dell’organizzazione, tra i quali Bernardo BRUSCA e Pippo CALO’……..

E di particolare valore e significato sono state, di certo, le successive e conseguenti rivelazioni di “testimoni eccellenti”, alti esponenti delle Istituzioni del tempo, i quali, solo allorquando sono venuti a conoscenza delle dichiarazioni di Massimo CIANCIMINO (in parte divenute pubbliche), sono stati finalmente indotti a riferire, per la prima volta, circostanze che avevano a lungo taciuto e che, una volta inserite nel mosaico probatorio, evidenziavano in modo più chiaro uomini, protagonisti e complici della trattativa.
Nel contempo, da ulteriori risultanze, e tra queste in particolare dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di elevata affidabilità ed attendibilità come Antonino GIUFFRÈ (peraltro successivamente corroborato da numerosi altri collaboranti di stretta osservanza “provenzaniana“, fra i quali Ciro VARA, Stefano LO VERSO, per non parlare di quanto sul punto già risultava dalle confidenze del capomafia nisseno Luigi ILARDO al Col. RICCIO e al ROS dei Carabinieri), si evidenziava che la trattativa non si era affatto conclusa entro il limitato arco temporale del 1992, essendosi invero proiettata anche nel corso del 1993: è questo un anno decisivo per Cosa Nostra, che incontrò sempre maggiori difficoltà operative anche a causa dell’applicazione del duro regime carcerario del 41-bis, che proprio per questo, secondo le dichiarazioni di numerosissimi collaboratori, costituiva una delle norme di cui Cosa Nostra chiedeva l’eliminazione o l’attenuazione, unitamente ad altre, in materia di collaboratori di giustizia, sequestri di beni, e limitazione dei poteri del Pubblico Ministero…..

Essa non è stata limitata a singoli obiettivi “tattici“, come la tregua per risparmiare gli uomini politici inseriti nella lista mafiosa degli obiettivi da eliminare, o l’allentamento del 41 bis e gli altri punti del papello, ma – assai più ambiziosamente – ha avuto ad oggetto un nuovo patto di convivenza Stato-mafia, senza il quale Cosa Nostra non avrebbe potuto sopravvivere e traghettare dalla Prima alla Seconda Repubblica. Un patto di convivenza che, da un lato, significava la ricerca di nuovi referenti politici e, dall’altro lato, la garanzia di una duratura tregua armata dopo il bagno di sangue che in quegli anni aveva investito l’Italia.
E’ proprio questo il senso più profondo della strategia violenta che ebbe inizio con l’omicidio LIMA. Fu certamente la risposta di Cosa nostra allo Stato che, dopo la sentenza di Cassazione del maxiprocesso, aveva messo in crisi la credenza d’impunità dei boss, condizione essenziale per la sopravvivenza dell’organizzazione criminale mafiosa stessa. Ciò nonostante, è indubbio che il programma omicidiario-stragista nacque dalla necessità per i boss di ristrutturare radicalmente ed in modo irreversibile e violento il rapporto con la politica. Uno scontro che ha portato il Paese a un capovolgimento politico e istituzionale……

Ecco allora che Cosa Nostra mutò atteggiamento ed elaborò una nuova politica di “alleanze”, tendente a rinnovarle e a verificare la praticabilità di altri “canali”, di altri “terminali”, verso i quali eventualmente indirizzare la propria capacità di orientare i consensi elettorali.

Naturalmente il rapporto fra il potere mafioso e gli altri poteri non è un rapporto “piano”, fondato sul dialogo e su accademici scambi di opinione. Tutt’altro: esso è fondato, invece, sulla logica dei rapporti di forza e spesso sul linguaggio della violenza, vera o sublimata. Proprio perciò è soltanto con l’uso di questo linguaggio che i capi di Cosa Nostra concepiscono il loro relazionarsi con la politica, soltanto con l’uso della violenza pensano di poter realizzare un qualsiasi progetto di “rinnovo” dei propri rapporti con quel mondo. ——

L’obiettivo strategico è costruire le premesse per un nuovo rapporto con la politica, perché – come diceva sempre BAGARELLA – fosse Cosa Nostra ad esprimere direttamente le scelte politiche attraverso i suoi uomini, senza alcuna mediazione. Annullare la politica ed i politici tradizionali per favorire l’ingresso della mafia in politica, tout court.—–

Nel 1992, la posta in gioco era soprattutto la vita dei politici inseriti nella lista nera di Cosa Nostra che andavano salvati, e perciò la trattativa ebbe per oggetto la rinuncia agli omicidi già programmati in cambio dell‘allentamento della morsa repressiva. Nel 1993, la trattativa sembrò inizialmente non produrre gli esiti sperati e si resero necessarie ulteriori minacce che, questa volta, produssero qualche frutto: l’allentamento del 41 bis. Il “cedimento“, consistito nell’inopinata mancata proroga di oltre 300 decreti di applicazione del 41 bis, costituì il segnale che si volesse andare
incontro ai desiderata di Cosa Nostra, lanciando quel “segnale di distensione“, peraltro letteralmente auspicato nella Nota che il Capo del DAP CAPRIOTTI indirizzava al Ministro della Giustizia CONSO in data 26/6/1993.
Ma non bastò. Non poteva bastare. La presenza di un governo tecnico determinò la necessità di continuare dietro le quinte una trattativa più squisitamente politica, finalizzata cioè a trovare un nuovo referente politico, azione poi sfociata nell’accordo politico-mafioso, stipulato nel 1994, non prima di avere rinnovato la minaccia al governo Berlusconi appena insediatosi. ….

L’allentamento sul fronte carcerario, con alcune significative mancate proroghe di regime ex 41 bis nei confronti di boss mafiosi di assoluto rango, non poteva esaurire l’iter della trattativa che, dalla parte dei capi di Cosa Nostra, aveva ben più ambiziosi e duraturi obiettivi, mirando ad ottenere garanzie a tutto campo, con la stipula di un nuovo duraturo patto politico-mafioso. Ed è per questa ragione che le minacce di
prosecuzione della stagione stragista non si arrestarono e proseguirono fin tanto che, subentrata la Seconda Repubblica ed insediatasi una nuova classe politica dirigente con la quale “trattare“, all’ultima minaccia portata al neo- Governo Berlusconi tramite il canale BAGARELLA-BRUSCAMANGANO- DELL’UTRI, seguì la definitiva saldatura del nuovo patto di coesistenza Stato-mafia.

Fonte:
MEMORIA TRATTATIVA del 5.11.2012
http://www.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2012/11/MEMORIA-TRATTATIVA-ULTIMA-VERSIONE.pdf

 

Giovanni Bongiovanni

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