venerdì, Novembre 22, 2024
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Immigrazione e globalizzazione nelle riflessioni dell’OCSE e di IDOS

La presentazione a Roma, presso l’Associazione Stampa Estera, del rapporto che l’OCSE ha curato sulle prospettive delle migrazioni internazionali, ha offerto al Centro Studi e Ricerche IDOS di collocare i risultati delle sue ricerche nazionali nel contesto internazionale.

Jonathan Chaloff dell’OCSE, nel riassumere gli aspetti più rilevanti del volume pubblicato a Parigi in inglese e francese sull’andamento riscontrato nei Paesi aderenti a questa Organizzazione,  ha posto in evidenza che nel 2016 sono emigrati in questi Paesi, per risiedervi stabilmente, 4 milioni e 800 mila persone, un livello superiore a quello rilevato negli anni precedenti la grande  crisi del 2008. Se mai ve ne fosse ancora bisogno, questo aumento sottolinea come le migrazioni costituiscano uno dei segni più caratteristici del mondo globalizzato, secondo le previsioni destinato a perdurare.

In uno scenario così delineato Ugo Melchionda, presidente di IDOS, ha inserito le riflessioni sull’Italia, da considerare uno degli esempi più significativi del rapporto tra globalizzazione e migrazioni per diversi motivi.

Il deficit demografico italiano è così elevato, per cui la popolazione residente, pur nella continua diminuzione degli italiani (nel 2015, tra gli italiani, le morti sono prevalse sulle nascite di 228.000 unità), sono gli stranieri ad aumentare per nascite sul posto (72.000) e arrivo dall’estero (250.000). I nuovi arrivi sono avvenuti  in prevalenza per motivi familiari e umanitari e meno per motivi di lavoro. Dall’inizio del secolo i cittadini stranieri sono cresciuti di oltre 3,5 milioni e lo faranno ancora: l’Istat ha previsto, tra il 2011 e il 2065, 18 milioni di ingressi dall’estero per mantenere inalterato il livello della popolazione a fronte del declino degli italiani, stranieri che arriveranno a incidere per un terzo sulla popolazione totale (attualmente l’incidenza è dell’8,3%).

Le ragioni demografiche si intrecciano con quelle lavorative, anche se il dinamismo risulta rallentato. I lavoratori stranieri occupati sono diventati 2.350.000, aumentati di 65.000 unità nel corso di un anno ma non in misura tale da ridimensionare sostanzialmente la massa dei disoccupati stranieri (450.000).

Anche i cittadini non comunitari sono diventati per lo più lungo soggiornanti (62,5), senza essere più costretti a lasciare l’Italia in caso di perdita del posto di lavoro. Ma non si tratta di una  massa di assistiti, tenuto conto che è maggiore l’apporto che essi assicurano al sistema fiscale italiano rispetto alle spese pubbliche sostenute a loro favore: il bilancio è di 2,2 miliardi a favore dell’Italia.

Peraltro, diventa sempre più difficile una rigida suddivisione tra italiani e stranieri e sarebbe più corretto parlare di residenti di origine straniera. Si stima, infatti, che i cittadini italiani di origine straniera siano già oltre 1 milione e 150mila, dei quali 178.000 diventati tali nel 2015.

Un altro aspetto fortemente legato alla globalizzazione è la provenienza dai più diversi Paesi del mondo (più di quanto avvenga in altri Paesi europei), con un protagonismo differenziato sia nel mercato occupazionale (dove i romeni sono la prima collettività) sia nell’ambito delle 550.000 imprese a gestione immigrata, dove la prima collettività è quella marocchina e la seconda è quella cinese, mentre i romeni sono solo terzi.

Nel 2015, in ambito OCSE, sono stati 1 milione e 650mila i richiedenti asilo. Anche l’Italia è stata fortemente caratterizzata da questi flussi. Tra i 153.000 sbarcati sulle sue coste, spesso salvati dall’intervento delle navi italiane e di quelle comunitarie dell’Agenzia  del Frontex, sono stati in 83.540 a presentare domanda d’asilo. Tra i cittadini  presenti in Italia in provenienza da Mali, Gambia, Somalia, Nigeria, Costa d’Avorio, Ghana e Burkina Faso, la maggior parte lo è per ragioni di protezione umanitaria.

Come riassumere i temi dell’incontro? Una presenza che non pone solo problemi, ma assicura dei vantaggi, una consistenza in aumento e destinata ancora a crescere, una realtà lavorativa (dipendente e autonoma) in grado di favorire i rapporti con i paesi di origine, una dimensione multiculturale e multireligiosa che di per sé avvalora le ragioni della convivenza.

A presiedere l’incontro sono stati il giornalista tedesco Tobias Piller, presidente dell’Associazione Stampa Estera, e a coordinare i lavori il giornalista pakistano Ejaz Ahmad, quasi a rappresentare visivamente che la globalizzazione del fenomeno migratorio unisce l’Europa agli altri continenti.

Ufficio stampa

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