Paola è morta di fatica. Un altro caso di caporalato in Italia
È morta il 13 luglio 2015 Paola Clemente, la bracciante agricola 49enne di San Giorgio Jonico uccisa da un malore mentre lavorava nelle campagne di Andria.
Un’altra triste storia di caporalato in Italia, dove le braccianti sfruttate nei campi – secondo la Procura di Trani – percepivano ogni giorno 30 euro per essere al servizio dei caporali per 12 ore: dalle 3.30 del mattino, quando si ritrovavano per essere portate nei campi a bordo dei pullman, alle 15.30, quando ritornavano a casa dopo essere state al lavoro tra Taranto, Brindisi e Andria. Il loro compenso, in base ai contratti di lavori, avrebbe dovuto essere di 86 euro, circa tre volte di più. Ovviamente nelle buste paga non solo non venivano calcolati – secondo le indagini della Gdf e della Polizia – tutte le giornate di lavoro effettive, ma neppure gli straordinari. In soli tre mesi l’agenzia interinale che aveva reclutato i braccianti ha così evaso 48mila euro di contributi (repubblica.it).
Il fenomeno del caporalato negli ultimi 10 anni è in costante crescita: l’ultimo Rapporto sulle agromafie redatto da Eurispes e Coldiretti parla di 430 mila persone coinvolte nel 2015, di cui 100 mila ridotte a un vero e proprio regime di schiavitù (https://goo.gl/uaIoWO). Per questo nell’ottobre scorso il parlamento ha approvato la legge per il contrasto al caporalato e al lavoro nero che per la prima volta estende le sanzioni al datore di lavoro. Per sconfiggere il comportamento omertoso, inoltre, ha anche introdotto una circostanza attenuante in caso di collaborazione con le autorità.
Combattere questa pratica è anche compito nostro.