La guerra invisibile contro i difensori della Terra è un’emergenza globale
La guerra invisibile contro i difensori della Terra è un’emergenza globale
di Francesco Martone
In un suo splendido editoriale sull’ultimo numero della rivista “liberal” statunitense Harper’s la scrittrice ed attivista Rebecca Solnit si cimenta con il tema dello spazio. Spazio fisico di agibilità, e spazio immateriale di compressione dei diritti. Tutto il potere, dice, “può essere inteso in termini di spazi. Spazi fisici, come anche le economie, le conversazioni, la politica – tutto può essere inteso come aree occupate inegualmente. Una mappa di questi territori costituirebbe una mappa del potere e dello status. Chi ha di più e chi ha di meno“, ed il“dominio dello spazio e del territorio da parte di chi ha potere può essere chiamato violenza strutturale”. La teoria basagliana definiva questa violenza strutturale come “crimine di pace”, altri la chiamano semplicemente, “necropolitica” termine coniato dal sociologo africano Achille Mbembe assieme a quello di “biopotere” .
Questo nel cosiddetto “Sud”. E a parte il caso di Standing Rock che accade altrove, nel nostro “Nord” che si erge a paladino dei diritti umani e della democrazia? Turchia, Egitto ma anche Polonia, Ungheria per fare qualche esempio? Non ci si faccia illusioni: esiste a livello globale una guerra del potere contro la società civile, contro i cittadini e cittadine che si organizzano, si attivano, chiedono libertà e giustizia, rispetto dei diritti e protezione della terra.
Ad aprile di quest’anno CIVICUS ha reso noti i dati raccolti nel corso del 2016. La loro pubblicazione ha un titolo eloquente “People Power under Attack” (il potere del popolo sotto attacco).
Secondo CIVICUS, solo il tre percento della popolazione mondiale vive in paesi dove lo spazio di agibilità ed iniziativa “civica” può considerarsi “aperto”. Sono ben 106 i paesi dove chi si mobilita pacificamente rischia la galera, la morte o la repressione. Dei 195 paesi monitorati da CIVICUS in 20 lo spazio di agibilità è chiuso, represso in 35, ristretto in 63, ed “aperto” in solo 26. Oltre sei miliardi di persone vivono in paesi dove l’agibilità politica e civica è chiusa, repressa o ostruita.
I dati di CIVICUS rivelano con chiarezza la responsabilità degli apparati di stato nell’assalto sistematico a chi, individui o movimenti, critichi l’autorità, svolga attività di monitoraggio dei diritti umani, o rivendichi i proprio diritti sociali ed economici. Il più recente rapporto sullo stato della società civile nel mondo sempre a cura di CIVICUS, va oltre ed identifica nella crescita del populismo e dell’estremismo sciovinista una delle cause dell’aumento della sfiducia verso la società civile, pretesto per attacchi allo spazio di agibilità civica.
E l’Italia? Secondo il rapporto di CIVICUS lo spazio di agibilità ed iniziativa “civica” in Italia si è “ristretto” e tende verso il livello di “ostruzione”, ben lontano dagli standard di “spazio civico aperto” di altri paesi membri della Unione Europea. Altri paesi dove si registra una “restrizione” dello spazio di agibilità sono gli Stati Uniti, il Canada, Cile, Argentina, Spagna, Francia, Corea del Sud, Giappone, Sudafrica, Australia, Zimbabwe oltre ad altri paesi africani.
In realtà, la recente campagna di criminalizzazione delle organizzazioni non governative e della società civile che fanno soccorso in mare, o solidarietà con migranti e rifugiatisarebbe solo una manifestazione parossistica di un “trend” che si sta insinuando anche nel nostro paese. Dalla criminalizzazione delle proteste dei comitati per la protezione dell’ambiente, alle minacce a giornalisti o avvocati da parte della criminalità organizzata, anche nel nostro paese iniziano a palesarsi i sintomi di una dinamica preoccupante.
Sempre CIVICUS, che assieme a Civil Society Europepubblicherà in autunno uno studio dettagliato paese per paese, Italia inclusa, nel nostro paese nella prima metà del 2016 le principali libertà civili di associazione, riunione ed espressioni sono generalmente rispettate, ma sussistono alcune problematiche. Dalla discrezionalità nelle operazioni di ordine pubblico, all’uso eccessivo della forza in occasione di proteste di piazza. Occasionalmente difensori e difensore dei diritti umani soffrono minacce e intimidazioni. Nella prima metà del 2016 inoltre sono state registrate ben 221 violazioni del diritto alla libertà di espressione, una situazione ulteriormente aggravata da casi di intimidazione verso giornalisti.
Per tutto questo oggi proteggere i difensori della terra, dell’ambiente, dei diritti umani è un compito urgente, una sfida essenziale anche per la politica e per il settore privato, oltre che per la società civile nel nostro paese, già impegnata nella rete In Difesa Di, per i diritti umani e chi li difende, e più di recente con la campagna “Coraggio” di Amnesty International. Il prossimo anno l’Italia presiederà l’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione Europea) che attribuisce grande rilevanza al tema dei difensori dei diritti umani nei suoi paesi membri, tra cui vanno annoverati seppur con modalità diverse, paesi come la Turchia, l’Egitto, la Polonia, o l’Ungheria. E non solo, il 2018 marcherà il 20esimo anniversario della Dichiarazione ONU sui Difensori dei Diritti Umani occasione imperdibile per rilanciare con forza il tema della difesa dei difensori dei diritti umani e della tutela degli spazi di agibilità “civica” chiedendo al governo, al Parlamento ed agli enti locali uno sforzo collettivo per questa importante campagna di civiltà politica e sociale.
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