In ricordo di Graziano Zoni: i saluti degli amici
Dopo una delle tante giornate passate con gli amici di Emmaus in un mercatino a Torino si é incamminato verso l’hotel ed ha chiamato al telefono la sua amata moglie raccontandole le gioie della giornata.
Dopo 10 minuti il questore ha chiamato la moglie per dirle che Graziano ci aveva salutato. Tutto il Cipsi porge le più sentite condoglianze a sua moglie Biancarda, alla sua famiglia, agli amici di Emmaus …
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Il ricordo di Guido Barbera: “Caro Graziano,
sono state scritte e dette tantissime parole per salutarti e ricordati. Quasi stridono con la tua mite riservatezza… ma ben si coniugano con la tua grande forza di amore, giustizia e pace!
Se pure le tue forze fisiche non erano più le stesse, come tu stesso ci ripetevi ultimamente, la tua sete di giustizia e la tua volontà di cambiare erano sempre intatte e vivaci. Solo poche settimane fa mi scrivevi per confrontarti su quanto si sta ripetendo in ogni dove: “aiutiamoli a casa loro!” Come lo si può fare… è cambiato qualcosa, mi chiedevi, dalla cooperazione degli anni ’80 che ben conoscevi? Giustificando la tua impossibilità ad essere presente alla prossima riunione del nostro Consiglio, che hai sempre accompagnato da buon padre fondatore, mi ripetevi che il CIPSI è uno dei tuoi figli a cui tieni molto e mi incoraggiavi ad andare avanti, in ogni momento, tutti insieme, sempre! Oggi, sono tantissimi gli amici che ti hanno conosciuto in più di trent’anni di CIPSI e molti di loro mi ripetono: se siamo qui, se abbiamo fatto queste scelte di vita, lo dobbiamo a Graziano! “Ero una ragazzina e portavo ancora i fuseaux verdi, lui mi accolse all’inizio del CIPSI. Mi sono sentita benvoluta e forse dipende anche da lui la strada che ho fatto…”
Caro Graziano, i semi che hai portato e sparso nel mondo, sono germogliati in tanti amici, attività, associazioni e reti. Come altri profeti che ci hanno salutato, ci lasci un’eredità fondamentale: di continuare il bene che tu hai fatto, completando quanto non hai potuto fare! Per questo, caro Graziano, il nostro saluto vuole essere un impegno a continuare il tuo cammino, tutti insieme! Superando non solo gli ostacoli, ma soprattutto le gelosie e gli individualismi umani. Impegnandoci a superare gli interessi nascosti dentro all’aiutiamoli a casa loro” per ritrovare la dignità della casa comune. Impegnandoci a costruire la vera Pace nell’incontro e nel cammino comune, consapevoli che solo una Pace sia possibile. Ciao Graziano.
Guido Barbera – Presidente Solidarietà e Cooperazione CIPSI
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Il ricordo di Eugenio Melandri: “C’era sempre Graziano. Non è mai mancato a nessuno di quegli appuntamenti in cui si trattava di spendersi in nome della pace, della solidarietà, della vita. E c’era sempre con la sua saggezza, la bibbia la chiamerebbe “sapienza”, che non era mai diplomazia, ma sempre e solo profezia.
Adesso ha deciso di continuare il suo cammino nel parco del paradiso. Ha lasciato camminando il mercatino di Emmaus e ha raggiunto nelle “grandi vacanze” l’Abbé Pierre, Dom Helder Camara, don Tonino il sindaco La Pira e tanti altri che lungo l’arco della sua vita ha incontrato, amato, seguito, fatto conoscere.
Ha chiamato, prima di partire, la moglie Biancarda, sua compagna di tutta la vita, che ha condiviso sempre con lui e i loro figli, il suo impegno di vita, Ed è partito stando sulla strada.
Per ora, Graziano, un grandissimo grazie, un abbraccio.
Buon viaggio. Aspettaci”.
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Il ricordo di Rosario Lembo: “Ciao Graziano,
amico, compagno con cui ho condiviso una buona parte delle scelte della mia vita. Ci siamo incontrati 50 anni fa, quando sono entrato in Mani Tese per impegnarmi contro la fame nel mondo. Io militavo nel gruppo milanese, tu in quello di Firenze, entrambi passavamo i fine settimana a raccogliere carta e svuotare cantine, e ci ritrovavano a confrontarci nelle assemblee dell’associazione con visioni e progetti spesso divergenti.
Io giovane sessantottino ero animato dal desiderio di contrastare le cause strutturali delle ingiustizie, tu già padre di famiglia avevi scelto per vocazione, come laico, di metterti al servizio degli ultimi. Ti ho sempre ammirato per la pazienza con cui sapevi dialogare con quel gruppetto di giovani “rivoluzionari” che sollecitava la separazione tra l’evangelizzazione (impegno delle missioni) e l’impegno dei laici nella promozione sociale e una terza via in alternativa al capitalismo e al marxismo, sull’onda del Concilio Vaticano II.
Tu hai voluto credere nei giovani e in questa sollecitazione e nonostante avessi già l’impegno di una famiglia e la distanza tra Firenze e Milano fosse faticosa, hai avuto il coraggio di farti carico della Presidenza dell’Associazione laica Mani tese’76, dopo la separazione dai 4 istituti missionari, e di accompagnare questa sfida. Per oltre 15 anni abbiamo lavorato insieme, tu come Presidente, io come segretario; abbiamo passato tante notti, tante serate insieme, abbiamo condiviso tante momenti di difficoltà gestionale ma anche di conflittualità con chi temeva che l’associazione si trasformasse in gruppo di militanza politica, ed invece con fermezza hai saputo mantenere fermo l’orientamento ad una “ispirazione cristiana” e proporre sempre una visione globale della umanità fondata sulla fede in Dio e sulla conversione di ogni uomo e donna, cominciando dagli ultimi, dagli oppressi, dagli umiliati, dagli sfrattati.
Mettersi al servizio degli ultimi è stata la missione della tua vita; assieme a Biancarda avete testimoniato questo impegno come coppia in ogni momento: dall’accoglienza solidale a chiunque bussava alla vostra casa, alla capacità di ascolto di tanti giovani per i quali la vostra famiglia “aperta” è stata un punto di riferimento. La tua partecipazione come animatore ai campi di lavoro di Mani tese e di Emmaus sono stati una fucina di formazione per tanti giovani che sulla base della tua testimonianza hanno accolto la sfida di fare scelte di vita impegnative nella politica, nel sociale mettendosi al servizio degli altri.
Hai saputo con pazienza costruire alleanze, sinergie tra associazioni al di sopra delle ideologie di appartenenza e accompagnato la nascita di altre realtà tutt’oggi impegnate su tematiche a te care come ad esempio il valore della solidarietà internazionale accanto a quella della cooperazione bilaterale attraverso il CIPSI , la Campagna Chiama l’Africa per far conoscere le ricchezze culturali della povertà, il diritto umano all’acqua, attraverso il Contratto Mondiale sull’acqua, la difesa della pace e dei diritti umani attraverso la Tavola della pace.
Con il tuo sorriso, con la tua generosa disponibilità a voler accontentare tutti, non ti sei mai risparmiato ed in questo tuo impegno hai avuto la gioia di poter contare sulla amicizia di tanti “fratelli maggiori”, come tu li chiamavi, come Giorgio La Pira, l’Abbe Pierre e don Helder Camara . Nelle loro testimonianze, nei loro suggerimenti hai fortificato la tua forza che ti ha spinto a superare le difficoltà, a perseverare nelle tue speranze e difendere quelli che sono stati i tuoi sogni e che in gran parte sei riuscito a trasformare in realtà.
Te ne sei andato in silenzio camminando tra gente, come hai sempre fatto dopo aver passato una giornata in quella che è sempre stata la tua seconda famiglia: la comunità Emmaus ed aver condiviso fino all’ultimo l questo tuo impegno con la compagna con cui hai condiviso ogni gioia e dispiacere della tua vita.
Grazie Graziano, per questa tua splendida testimonianza di vita al servizio degli altri che ci lasci e che hai testimoniato fino all’ultimo giorno.
Sarà difficilmente colmabile il vuoto che lasci in quanti hanno avuto la gioia di conoscerti.
Saremo in tanti, non solo i tuoi familiari, a sentire questo vuoto. Per quanti hanno il dono della fede può forse consolare il pensiero che ci sarai vicino anche dalla casa del padre comune, per tutti gli altri resta la gioia di averti conosciuto o di essere stati al tuo fianco, o averti ascoltato in occasione di un incontro.
Un abbraccio, Rosario.
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Ciao Graziano, compagno degli ultimi e degli umili (di Alessio Di Florio)
Una domenica di ottobre accendi il computer, scorri la home di facebook e d’improvviso leggi la notizia. E’ morto Graziano Zoni, anima delle Comunità Emmaus, di Mani Tese e di tante altre esperienze di solidarietà e umanità d’Italia.
Molti anni fa, probabilmente era il 2004, ho avuto la fortuna di entrare in contatto con lui. Erano i tempi di Rete Lilliput, delle bandiere arcobaleno ai balconi, dell’immensa mobilitazione contro le guerre e la povertà globale, per un mondo più giusto e umano. Scrissi alla Comunità Emmaus per chiedere di poter utilizzare alcuni materiali pubblicati sul loro sito. Non mi rispose un ufficio stampa, non fui ricontattato da una segreteria o da un grandioso ufficio di burocrati. Incredibilmente, mi rispose direttamente il “Presidente”. Ma non ebbe un tono “presidenziale”, non uso toni distaccati e di superiorità. Eppure aveva davanti un ragazzo alle prime esperienze di attivismo e volontariato, che cercava di frequentare l’arcipelago lillipuziano in punta di piedi, con il timore e la timidezza dell’inesperienza. Rimanemmo in contatto per un po’ poi, come purtroppo spesso accade nell’associazionismo e nella vita, ci si perse di vista. Furono due le persone che in quel periodo mi colpirono tantissimo. E di cui, purtroppo, persi i contatti. Uno era Luciano Capitini, il nipote del fondatore del Movimento Nonviolento, e l’altro era appunto Graziano Zoni. In questi anni varie volte mi è tornato alla mente, ho sempre cercato di seguire lui ed Emmaus. Nelle tantissime iniziative per l’Italia. E nelle profonde e acute riflessioni di cui ci ha fatto dono per tanti anni. Un patrimonio immenso di cui ora tocca ad ognuno di noi, come sempre quando lascia questo mondo un grande compagno di viaggio, raccogliere il testimone.
Non ha conquistato le prime pagine dei grandi giornali, a lui non sono stati dedicati speciali e talk in tv. Non avrà i riflettori dei potenti e dei vip. Perché Graziano Zoni non apparteneva all’elite, non era un campione dei salotti e dell’alta borghesia. E’ stato, per tutta la sua vita, un compagno di vita degli ultimi, dei semplici, degli impoveriti. Ed è morto dopo aver vissuto gli ultimi istanti della sua vita terrena accanto a loro, tornando a casa dopo una giornata dedicata alla sua Emmaus. Parafrasando don Milani, la sua patria erano loro. Alexander Langer, utilizzando un’espressione che mi è cara e preziosa, oltre vent’anni lodò l’esperienza di Emmaus e dell’Abbé Pierre come amicizia degli scarti. Gli scarti del nostro consumismo, che tutto brucia e consuma. Ma anche della nostra mancata umanità. Emmaus è uno dei percorsi più tenaci e umili, forti e determinati di quel volontariato che “negli interstizi del disordine globale” – riprendendo “La politica perduta” di Marco Revelli – cercano di ricucire le lacerazioni di questo nostro mondo. Dieci anni di “crisi economica” ci consegnano un pianeta sempre più devastato, avvelenato, impoverito di risorse. E dove la disuglianza economica, sociale, politica è aumentata a dismisura. Dove si alimentano le guerre tra popoli e impoveriti mentre sempre meno ricchi sono sempre più ricchi. E i bilanci degli Stati, dove “non ci sono soldi” per la spesa sociale e la sanità, per i senza casa e i senza lavoro, ma sono crescenti ostaggi delle spese militari e per le guerre. Tra i tantissimi, senza neanche scendere nei sotterranei della Storia e nei più poveri Sud del Mondo, esempi li abbiamo accanto a noi. Il nostro Paese ormai spende oltre 60 milioni al giorno, il costo per gli F35 aumenta ma di fatto rimane intoccabile. E nella Grecia massacrata dalla troika e dalle ricette economiche della grande finanza mondiale tra le spese mai scalfite dai “tagli” ci sono quelle armate.
La voce di Graziano Zoni e di Emmaus, senza grancasse mediatiche e potentati, senza violenza e prepotenza, ci ha accompagnato nella denuncia di tutto questo. E nel cercare di costruire un’alternativa, un mondo radicalmente diverso per il presente e l’avvenire.
Tiziano Terzani scrisse che “il senso della ricerca sta nel cammino fatto e non nella meta, il fine del viaggiare è il viaggiare stesso e non l’arrivare”. In tempi in cui le palingenesi rivoluzionarie appare lontano, la vera rivoluzione potrebbe non essere in chissà quale avvenire ma nel cammino di oggi. La rivoluzione non la si compie con uno stravolgimento totale e totalizzante, improvviso. Ma nello scegliere con chi camminare, di chi essere compagno, con chi condividere e spezzare il pane. Ce lo insegna l’esperienza e la vita di Graziano Zoni. Lui ha scelto gli impoveriti, i semplici, gli ultimi, gli anawin di oggi. Coloro che vivono ai margini della società del benessere, emarginati e disprezzati dall’alta borghesia. Ma che possono vivere la solidarietà più umile e semplice, e per questo più vera. Capaci di dividere con gli altri il poco che hanno. Camminare accanto a loro, condividere con loro l’esperienza della vita e della sopravvivenza, dimostrare che non sono solo “resti della società” incapaci di tutto ma che sono vite, intelligenze, anime e cuori autonomi e capaci di costruire il proprio destino. Dargli voce e spazio, permettergli di camminare e costruire, è irrompere sul palcoscenico della Storia e ribaltarlo, rovesciarlo.
Perché la storia non la fanno i potenti e i prepotenti, l’umanità non sono i troni e le dominazioni. E’ la rivoluzione più rivoluzionaria che ci sia. La rivoluzione che don Tonino Bello, nella Sarajevo assediata, definì il “cambiare il mondo
col gesto semplice dei disarmati”. E in attesa che questo avvenga, che questa forza possa stravolgere e salvare il mondo, c’è chi si accontenta di lamentarsi, c’è chi dice che mai nulla cambierà. E c’è chi invece si rimbocca le maniche, cerca di riconoscere nell’inferno dei viventi quello che non è inferno e vi partecipa. E’ la rivoluzione che Graziano Zoni, con la sua straordinaria capacità di riflessione e forza, ha portato avanti tutta la vita. Ed è la commemor-azione che dobbiamo portare avanti d’ora in avanti anche nel suo nome.
Alessio Di Florio
Il ricordo di Flavio Lotti, Coordinatore della Tavola della pace
Mentre, facendomi spazio tra il dolore, cerco le parole per presentarlo a chi non ha avuto la grazia d’incontrarlo, mi scorrono davanti agli occhi inumiditi i ricordi degli oltre trent’anni che abbiamo passato assieme cercando la via della giustizia e della pace: giornate intere, non stop, spese all’insegna dell’impegno sociale e politico, della “collera d’amore” che aveva imparato dall’Abbè Pierre e da dom Helder Camara, e della solidarietà più autentica con gli impoveriti del mondo, gli immiseriti, i depredati, gli offesi, gli abbandonati.
I tantissimi che l’hanno conosciuto lo ricorderanno per l’umanità, la mitezza, la vicinanza, la coerenza, la fedeltà, l’onestà, la sobrietà, l’amore, la dedizione, la passione, la fede, la positività, la tenacia, il coraggio, la bontà che ha sempre distribuito a piene mani. Azione Cattolica, Mani Tese, Emmaus Italia, CIPSI, Tavola della pace sono state alcune delle organizzazioni in cui si è maggiormente impegnato. Dai quartieri di Firenze dove abitava, alle periferie del mondo di cui si sentiva pienamente cittadino.
“Bisogna che ci abituiamo, sempre di più, a parlare di pace non solo in contrapposizione alla guerra”, scrisse su Avvenire alla vigilia della Marcia PerugiAssisi dell’anno scorso. “Soprattutto occorre che, sempre di più, la smettiamo di pensare che la ‘colpa’ è solo degli altri: governi, politici, fabbricanti di armi sempre più potenti e micidiali, speculatori di Borsa… Bisogna invece, che ci convinciamo a prendere atto del nostro diretto, personale coinvolgimento, della nostra responsabilità.“
Grazie, Graziano, per averci insegnato il senso della vita. Resterai per sempre nei nostri cuori.
Flavio Lotti, Coordinatore della Tavola della pace
Perugia, 15 ottobre 2017
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