La società civile unita per dire NO alle armi
A Roma il 1 marzo 2019 si è tenuto il Convegno “Produzione e commercio di armamenti: le nostre responsabilità”, con l’obiettivo di porre all’attenzione pubblica, non solo del governo, la questione della produzione e dell’esportazione di sistemi militari italiani e di “armi leggere”. L’incontro è stato promosso dalla Commissione Globalizzazione e Ambiente, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Fondazione Finanza Etica, Movimento Politico per l’Unità e Movimento dei Focolari, Pax Christi Italia, Rete Italiana per il Disarmo, Ufficio Nazionale per i Problemi sociali e il Lavoro e dall’Ufficio Nazionale per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso della Conferenza Episcopale Italiana. In un contesto internazionale dominato da forti instabilità e da conflitti, alcuni di questi perdurano da anni altri invece stanno nascendo, alimentati dalle spese militari e dalla corsa agli armamenti finanziata dai maggiori capi di potere, il nostro Paese ha la responsabilità di tutelare il sano principio della nostra Costituzione , che riguarda il “ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” (art. 11). Inoltre secondo le convenzioni internazionali, la produzione e l’esportazione di armamenti possono essere giustificati e legittimati solo per permettere l’autotutela dei popoli, per proteggere i diritti delle persone e per salvaguardare la pace e la sicurezza internazionale (Carta delle Nazioni Unite, art. 51).
Nel documento conclusivo dell’incontro le realtà promotrici chiedono al Governo italiano “di bloccare tutte le forniture di armamenti a Paesi in conflitto e dove si verificano gravi violazioni dei diritti umani ed in particolare le esportazioni di armi alla coalizione a guida saudita che sta compiendo bombardamenti indiscriminati in Yemen, alimentando così la gravissima crisi umanitaria che sta falcidiando la popolazione yemenita”. Il Governo assieme alle forze politiche deve “adoperarsi nelle sedi europee e internazionali per promuovere un effettivo controllo del commercio di armamenti e di armi leggere e di ripristinare la massima trasparenza”. Inoltre il Parlamento deve intensificare “i rapporti con le associazioni della società civile sia per esercitare un controllo più efficace sulle esportazioni di armamenti italiani sia nel caso di modifiche alla normativa vigente”.
Si ribadisce l’impegno a dialogare “con tutti gli attori istituzionali, del settore industriale e finanziario, delle rappresentanze sociali e dei lavoratori per promuovere un ampio ripensamento e un graduale riordino del comparto della produzione militare nazionale nel contesto europeo per rispondere in modo efficace, razionale e sostenibile alle effettive esigenze di sicurezza e difesa comune col minimo dispendio di risorse economiche e sociali”. I soggetti della società civile e le Chiese devono creare “a livello nazionale e locale, momenti di incontro e di approfondimento, riguardo alle spese militari e al commercio di armamenti”, e si dispongono al sostegno di “tutte le iniziative promosse dalle associazioni e dalle Chiese per favorire la crescita di un’economia di pace, rispettosa della vita, dei diritti e della dignità delle persone, la salvaguardia dell’ambiente e un effettivo progresso delle comunità e dei popoli”. Gli stessi soggetti “si impegnano a continuare insieme la riflessione sulla produzione e il commercio di armamenti, estendendo l’invito a tutti i soggetti della società civile interessati a promuovere la sensibilizzazione nei territori e a livello nazionale e internazionale”.
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