Il made in Italy che contribuisce al massacro messicano
Secondo uno studio condotto da ricercatori statunitensi e italiani, l’Italia sta esportando decine di migliaia di armi altamente letali alle forze messicane coinvolte in violazioni dei diritti umani, corruzione e violenza diffusa.
Negli ultimi dodici anni, l’Italia è stata il secondo maggiore fornitore di pistole, fucili e munizioni non militari al Messico. In media, le aziende italiane hanno venduto e immesso sul mercato messicano diecimila pistole e revolver e 1.100 fucili ogni anno. Nello stesso periodo, il Messico è stato il secondo maggior importatore latinoamericano di armi militari italiane.
Nel 2014 la polizia messicana armata con armi Beretta ha attaccato e fatto scomparire 43 studenti insegnanti di Ayotzinapa, nello stato del Guerrero, nel sud del Messico. «Non è possibile che i produttori di armi continuino a non voler riconoscere il danno che hanno arrecato ai nostri figli e al nostro popolo», ha detto Antonio Tizapa, padre di uno dei 43 studenti scomparsi. «Speriamo che i produttori smettano di vendere armi al Messico, perché ci stanno facendo scomparire».
Il gruppo Beretta domina le vendite di armi militari al Messico (valutate a 50 milioni di euro dal 2007 ad oggi), oltre ad essere uno dei principali attori nel mercato delle armi civili. Tutti i marchi e gli impianti di Beretta hanno contribuito a questo flusso di armi: Beretta, Benelli, Stoeger, Sako, fabbricate in Italia, Finlandia, Turchia e negli Stati Uniti.
In Messico, le armi italiane entrano nel mercato attraverso l’esercito, che distribuisce armi al personale militare, alla polizia statale e municipale e ai privati. Più di 20.000 di tali armi sono state rubate o sono scomparse dal 2006 od oggi, molte delle quali sono cadute nelle mani di criminali.
«Le esportazioni di armi italiane e la mancanza di controlli sull’uso finale stanno alimentando il fuoco della violenza in Messico», ha dichiarato Carlo Tombola dell’Osservatorio Permanente Armi Leggere, OPAL. «L’Italia dovrebbe sospendere le esportazioni di armi in Messico», ha aggiunto.
La Posizione Comune dell’UE afferma che, quando “esiste un chiaro rischio che la tecnologia o le attrezzature militari da esportare possano essere utilizzate per la repressione interna”, le licenze di esportazione dovrebbero essere negate. Ciò è particolarmente vero per i paesi con gravi violazioni dei diritti umani. In effetti, gli utenti finali di armi importate sono spesso le polizie con abusi documentati di diritti umani, riconosciute colpevoli di colludere con gruppi criminali organizzati.
I dati e le informazioni, raccolti da OPAL e Stop U.S. Arms in Messico, sono presentati in rapporto pubblicato simultaneamente in tre lingue (italiano, spagnolo e inglese), e disponibile sui rispettivi siti internet: www.opalbrescia.org e www.stopusarmstomexico.org
Per maggiori informazioni:
Carlo Tombola, Coordinamento scientifico OPAL
Osservatorio Permanente Armi Leggere e Politiche di Sicurezza – Brescia www.opalbrescia.org
++39 349 6751366
John Lindsay-Poland,
Stop U.S. Arms to Mexico’s
www.stopusarmstomexico.org
+1 510 282 8983
Immagine in evidenza: https://it.wikipedia.org/wiki/Bandiera_del_Messico