I volontari in servizio civile quest’anno si presentano (6)
Agnese Bosio (Progetto La vita per te, Madagascar: “Il diritto alla salute in Madagascar: una frontiera da conquistare”)
AGNESE E IL SUO ZAINO PIENO DI SFIDE
Davanti a me c’è Agnese, una ragazza dallo sguardo particolarmente dolce. Sguardo che spesso rivolge verso il basso, forse per timidezza, mentre parla di sé. Si nota subito la sua indole riflessiva che, attraverso le diverse esperienze che con molto coraggio ha deciso di intraprendere, è riuscita a sfruttare per lavorare su sé stessa. Affronta la vita con la voglia di comprendere i diversi orizzonti su cui si affaccia e con la voglia di cambiare. Due delle sue grandi passioni sono l’ostetricia e fare lunghe passeggiate. La sua storia è un vero e proprio cammino nella scoperta di sé!
Ciao Agnese, raccontami un po’ chi sei.
Ciao, ho 25 anni e sono di Parodi Ligure, un piccolo paesino di 500 anime in provincia di Alessandria. Siamo così poco conosciuti e il nome inganna così tanto che tantissimi immaginano che sia un paesino ligure! Sono un’ostetrica, sto partendo per il Madagascar e ho una nipotina bellissima che mi aspetta a casa, mi mancherà tantissimo e spero sarà fiera di me.
Qual è stata la tua formazione?
Ho frequentato il liceo scientifico, scoprendo solo dopo qualche anno di amare lo studio, e appassionarmi progressivamente al latino, all’arte e alla lettura. Mi sono stupita io stesa. Non avrei mai immaginato che mi potesse piacere così tanto studiare. Dopo un paio di anni nella facoltà di medicina ho capito che questo percorso non si adattava particolarmente a me. Mi sono presa del tempo per ascoltarmi e capirmi. Quindi mi sono rimessa in gioco, azzardando un po’, iscrivendomi al corso di laurea di Ostetricia. È stato un “amore a primo tirocinio”. Il lavoro in ospedale mi ha fatto capire subito che quella sarebbe stata la mia professione.
Dopo la tua laurea come hai deciso di continuare?
Esattamente una settimana dopo sono partita per la Tanzania! A Ikelu ho affiancato un’amica, anche lei ostetrica, nella realizzazione di un nuovo reparto ospedaliero dedicato ai neonati prematuri. Il lavoro che ho svolto lì in tre mesi mi ha insegnato tantissimo. Ho visto un reparto nascere da zero: dalla pulizia dei letti fino alla creazione delle cartelle. Alla fine del mio percorso ospitavamo già dieci bambini. È stata l’esperienza più bella di sempre.
Per quale motivo?
Ero partita un po’ spaventata, non sapevo bene cosa ci facessi lì. Da tempo volevo fare un’esperienza all’estero, ma ho sempre pensato di non riuscire a partire da sola, oppure di riuscirci solo per brevi periodi. Lì, invece, ho capito che non solo potevo affrontarlo da sola, ma soprattutto che questo era ciò che volevo fare anche dopo essere tornata a casa. E così è stato. Dopo il mio ritorno sono partita per il cammino di Santiago e sono stata altri cinque mesi in Irlanda come ragazza alla pari. Tra poco partirò per il Madagascar, per mettere alla prova le mie conoscenze di ostetrica e per crescere ancora di più. Voglio continuare a girare: una volta che inizi non ti vorresti fermare più.
Qual è stato il progresso che hai sentito di fare come persona?
È stato un lungo cammino in cui mi sono messa in discussione e ho riflettuto molto su me stessa. Ora so di poter contare sulle mie capacità. Credo di aver raggiunto un equilibrio interiore che mi permette non solo di essere indipendente, ma anche di essere un punto di riferimento e un supporto per gli altri. Sono convinta che chi sta meglio con sé stesso stia meglio anche con gli altri, ed è proprio grazie a queste esperienze che sono riuscita ad avere più sicurezza in me stessa. E non è ancora finita!
Come ti vedi tra un anno?
Sicuramente non stabile in un luogo. Non riesco ad immaginarmici. Vorrei continuare a viaggiare e a scoprire nuovi Paesi. Magari nel mondo delle ONG, con le mie conoscenze di ostetrica ma, perché no, anche con tutto ciò che imparerò da questa nuova esperienza. Si vedrà. Ultimamente, dopo queste avventure, sono diventata più impulsiva, e le mie scelte mi stanno portando fuori dal piano che mi immaginavo da piccola: dopo l’università avrei trovato un lavoro, possibilmente fisso, che mi avrebbe permesso di comprare una casa, una macchina e farmi una famiglia. Ora non mi immagino niente di tutto questo e soprattutto sento di non aver bisogno della stabilità per essere felice. Ho scoperto che amo viaggiare, anche da sola, e farlo con l’essenziale, come quando sono partita per il cammino di Santiago. Hai tutto in uno zaino e tutto ciò a cui devi pensare è camminare e conoscere altre persone.
Come l’hanno presa i tuoi familiari?
I miei genitori mi hanno sempre permesso di fare ciò che desideravo, se vedevano che questo mi faceva stare bene, nonostante le loro giuste preoccupazioni. Non credo sia semplice per un genitore avere un figlio lontano, eppure non mi hanno mai messo i bastoni fra le ruote. Mi hanno colpito molto le parole di mio padre che, due volte in particolare, mi ha confessato di essere orgoglioso di me, dicendomi che io sto avendo il coraggio di fare ciò che lui non è mai riuscito a fare e di continuare a farlo.
Ho chiuso il
registratore in questo punto, ricordo che ci siamo guardate negli occhi molto
emozionate, consapevoli che anche se si parte da soli, ciò che conta è il
sostegno di chi resta e la consapevolezza che non saranno mai la distanza e uno
zaino in spalla ad affievolire il bene che ci si trasmette.
Buon viaggio Agnese, che il tuo zaino sia sempre pieno di sfide e di coraggio!
A cura di Chiara Caliari
Enrico Ilaros Majerna (Progetto La vita per te, Madagascar: “Il diritto alla salute in Madagascar: una frontiera da conquistare”)
PORTATORE DI ILARITA’
Enrico Ilaros Majerna, per gli amici solo Enrico, ha 25 anni ed è di Torino. Grande tifoso della Juventus, vive con la nonna e le sue due amate cagnoline, Elisabeth e Cleopatra. Ragazzo curioso e dalla spiccata sensibilità, è laureato in “Scienze internazionali dello sviluppo e della cooperazione” ed attualmente frequenta il secondo anno della magistrale di “Area and Global Studies for International Cooperation”. La sua più grande passione? Andare alla ricerca e dedicarsi alla lettura di libri rari ed introvabili. Tra le sue abilità: sbucciare le pere con forchetta e coltello.
Come mai Ilaros?
Ilaros perché i miei genitori hanno dato a tutti i figli un secondo nome greco. Per mia sorella è Gaia, per mio fratello è Leito e per me Ilaros. Ilaros vuol dire “portatore di ilarità” e un po’ devo dire che mi ci ritrovo. Tra l’altro i nostri primi nomi dovrebbero essere nomi biblici. Ora io non so di un Enrico nella Bibbia, ma potrei sbagliarmi. Da bambino comunque non amavo molto il mio secondo nome, molto spesso veniva storpiato ed io venivo preso in giro, poi con gli anni ci ho fatto l’abitudine ed ho iniziato ad ignorare le offese gratuite degli altri bambini. Anche per quanto riguarda il nome delle mie due cagnoline c’è lo zampino dei miei genitori. I miei infatti hanno la passione per i nomi di regine o personaggi mitologici.
Perché hai scelto questo percorso di studi?
Dopo la triennale ho scelto di frequentare “Area and Global Studies for International Cooperation” perché era una novità introdotta nell’anno in cui io mi sono iscritto alla magistrale. È un corso totalmente in inglese e al secondo anno si ha l’opportunità di poter scegliere la propria area di interesse. Io ho scelto l’Africa, in quanto ho sempre avuto la curiosità di approfondire le varie problematiche che affliggono questo continente. La maggior parte dei corsi inoltre è stata tenuta da visiting professors provenienti dall’Africa, il che ha accresciuto ancora di più in me la curiosità e la voglia di capire e conoscere da vicino la realtà africana.
Mi dicevi che ami scovare e leggere libri rari ed introvabili. Com’è nata questa tua passione?
Un po’ per caso. Ho preso un libro da portare in Madagascar che si intitola “Mabinogion” che si chiama in teoria il “Libro rosso di Hergest”. Una raccolta di miti e storie dell’antico Galles.
Un altro libro che ho letto è il “The Universal Tree and the Four Birds” uno dei più importanti scritti sulla religione islamica. Poi ce ne sono tanti, mi piace proprio andare alla ricerca di questi testi introvabili o insoliti, soprattutto per una questione culturale. Non puoi capire il comportamento di un di popolo finché non entri all’interno di queste dimensioni culturali.
Oltre alla lettura hai altri hobbies?
Sì, mi piace tanto anche scrivere. Anche questa mia passione è nata per puro caso, in un periodo della mia vita in cui avevo difficoltà a dormire la notte. Prima di addormentarmi inventavo delle favole che mi conciliassero il sonno. La mattina dopo le ricordavo benissimo e mi mettevo a scriverle. Alla fine funzionava ed è così che ho scritto ben due libri. Che però non ho voluto pubblicare. Altri hobbies? Come avrai potuto capire sono un tifoso della Juventus. Amo il calcio, anche se preferisco guardarlo più che praticarlo.
Come mai l’Africa e come mai il Servizio Civile Universale?
L’Africa, come ti dicevo, rientra nella mia area di interesse oltre che ad essere indirizzo di studio del mio percorso universitario. Inoltre, da un certo punto di vista, la scelta del Servizio Civile Universale è stata anche fatta in un’ottica lavorativa. Infine, perché sentivo l’esigenza di fare un’esperienza all’estero che rientrasse nei miei campi di interesse.
Qual è il progetto a cui prenderai parte?
Il progetto a cui prenderò parte si chiama “Il diritto alla salute in Madagascar: una frontiera da conquistare”. Dunque andrò in Madagascar, non proprio dietro l’angolo! Sono molto soddisfatto del progetto che ho scelto, perché sarò a stretto contatto con la popolazione locale, nello specifico con donne e bambini. Inoltre le attività previste dal progetto affrontano temi come prevenzione per le malattie sessualmente trasmissibili e prevenzione delle malattie legate alla malnutrizione infantile, temi che mi stanno molto a cuore. Le donne in Africa purtroppo hanno meno possibilità, ed il fatto che io possa fare qualcosa di concreto per loro mi entusiasma molto.
Come hai conosciuto il progetto?
Ero a conoscenza di cosa fosse il servizio civile universale, ma non sapevo si potesse svolgere anche all’estero. Quando la madre di un mio amico, che ha collaborato per anni in ambito farmaceutico con alcune ONG locali, mi ha presentato questo progetto ho subito colto la palla al balzo. Dopo aver letto attentamente il bando e il progetto, ed aver chiesto tutte le informazioni del caso, ho deciso di fare l’applicazione per il Madagascar.
Non ti spaventa un po’ la lontananza?
Mentirei se ti dicessi di no. Non sarà la mia prima volta in Africa ma sarà la mia prima volta in Africa per un progetto di cooperazione. Il Madagascar non mi spaventa, ogni tanto però ci penso, c’è una voce interiore che mi chiede: Sei sicuro di quello che stai facendo? Ci hai ragionato bene?”. In quanto al Madagascar, mi aspetto un paese culturalmente diverso dall’Italia, ma penso che non si possa vivere per sempre sotto una campana di vetro. Allontanarsi dalla propria zona di comfort non è semplice, ma secondo me è un lavoro che va fatto soprattutto per una crescita personale. Sicuramente posso dirti che la persona che più mi mancherà sarà mia nonna. Mi mancheranno tanto anche le mie due cagnoline. Ora come ora cerco di non pensare alle cose negative o alle cose che potrebbero buttarmi giù di morale, la voglia di partire e di mettermi in gioco è tanta.
a cura di Luigi Iossa
Diana Dianu
UN FUOCO VIVO PER IL RICONOSCIMENTO DEI DIRITTI
27 anni, da Chisinau a Padova.
Ho avuto l’occasione di conoscere Diana in momenti diversi del nostro percorso pre-partenza ed è impossibile non notare la determinazione che arde nei suoi occhi e che la guiderà in ogni tappa del suo cammino, di vita come di servizio civile.
Cosa ti ha portato fino a qui, con un piede a Roma e l’altro sull’aereo verso la Costa d’Avorio?
Ho studiato scienze politiche e diritti umani ed il mio obiettivo è quello di lavorare nell’ambito della cooperazione internazionale, ma non è stato certo questo il punto di partenza. Sono moldava d’origine ma è l’Italia che mi ha fatto crescere, anche se ora sembra non voglia cogliere i frutti che ha fatto maturare. Ho 27 anni e vivo in Italia da 20 ma la mia richiesta di cittadinanza è appena stata respinta. Come si può negare a qualcuno il proprio senso di appartenenza?
Desidero un mondo dove la priorità sia il bene comune e nel quale chi si impegna a compiere quel bene sia riconosciuto come qualcuno di valore.
Qual è la prima parola che utilizzeresti per descriverti?
Ambizione, perché voglio sentirmi speciale, ed ho capito che devo riuscirci facendo sentire speciali gli altri.
Come pensi di poterlo misurare durante il tuo servizio civile?
Lo misurerò dalla forza del legame che riuscirò a stabilire con tutte le persone con cui entrerò in contatto. Lo capirò se li vedrò sorridermi, cercarmi, se vorranno il mio supporto e la mia opinione. Nel caso riuscissi ad avere un rapporto duraturo con tutti loro, anche se a distanza, saprò di aver lasciato qualcosa.
Hai già avuto esperienze nel sociale?
Ho avuto diverse esperienze di volontariato sia in Italia che all’estero. A Gaziantep, in Turchia, ho seguito un progetto di integrazione minorile per i rifugiati siriani. Insegnavo loro l’inglese ed organizzavo attività extra-curricolari, è stato incredibile sentire la loro voglia di vivere e vedere quanto riuscissimo a divertirci insieme con poco, quasi niente. Ho seguito un progetto di un anno anche in Italia a sostegno delle donne vittime di sfruttamento ed è in quel campo che vorrei impegnarmi ancora in futuro.
Cosa pensi porterai con te, di queste ed altre esperienze, partendo per il servizio civile?
Non ho ancora la risposta a questa domanda. Sicuramente dovrò ripartire da zero e svuotare tutto il mio bagaglio pieno di convinzioni. Voglio diventare un camaleonte ed assorbire tutti i colori con cui verrò a contatto. Una cosa che so per certo però, è che porterò tutto il mio entusiasmo.
Quali sono i tuoi punti di riferimento quando parliamo di integrazione e sviluppo?
Nelson Mandela, perché non ha mai smesso di lottare, neanche quando sembrava impossibile continuare a farlo. E Comaré, un giornalista ivoriano che è riuscito, secondo me, a capire i motivi profondi dell’immigrazione africana. Consiglio a tutti di prendersi il tempo di leggere i suoi scritti.
Quale sarà la tua prima meta in Africa appena avrai un momento per te?
Vorrei andare in Marocco per abbracciare finalmente la bambina che ho adottato a distanza 8 anni fa. Si chiama Delaide e da allora continuiamo a scambiare lettere e foto. Vorrei vedere con i miei occhi quello che ho sempre vissuto tramite i suoi racconti e stringere ancora di più il nostro rapporto.
Perché hai scelto di partire per il servizio civile e perché consiglieresti agli altri di farlo?
Ho scelto di fare il servizio civile perché l’ho visto come un’ottima opportunità di fare un’esperienza all’estero e di crescere sia personalmente sia professionalmente.
Consiglio a tutti di partire perché potrebbe cambiare loro la vita e permettere di vedere altri mondi, altre prospettive, cose che non avrebbero mai pensato di voler fare nella vita. Non è un semplice lavoro, è una partenza verso l’ignoto.
a cura di Teodosio De Bonis
Anna Tonelli (Progetto GMA Napoli, Etiopia: “Promuovere e sostenere l’accesso all’istruzione e il contrasto all’abbandono scolastico a Shashamane in Etiopia”)
UN’EROINA IN CAMMINO
Anna Tonelli ha 19 anni e viene da un paesino in provincia di Chieti. Ci siamo incontrate durante la formazione generale per il Servizio Civile. È una ragazza aperta, pronta ad affrontare le sfide che questa esperienza le porrà di fronte e a costruire una strada adatta sé.
Come hai conosciuto il Servizio Civile e perché hai deciso di fare domanda?
Sono sempre stata interessata al mondo del volontariato e per questo mi è spesso capitato di cercare associazioni a cui poter aderire. In particolare, il Servizio Civile mi è stato consigliato da una amica e, informandomi online, mi sono convinta ancora di più che potesse essere un’esperienza adatta a me.
Parlami un po’ del progetto in cui sarai impegnata per il prossimo anno e del perché l’hai scelto.
Il progetto riguarda la promozione dell’accesso all’istruzione e il contrasto all’abbandono scolastico a Shashamane in Etiopia. Ho scelto un progetto all’estero perché già da qualche anno volevo intraprendere un’esperienza di lungo periodo fuori dall’Italia. In particolare ho scelto l’Africa perché è un’area geografica che mi ha sempre affascinato. Inoltre, mi trovo a mio agio con i bambini, sia perché sono la seconda di cinque tra fratelli e sorelle, ma anche perché mi sono già occupata di bambini attraverso attività di tutoraggio e baby-sitting.
Cosa ti aspetti da questa esperienza di servizio civile? Hai dei timori in proposito?
Essendo la prima volta che andrò all’estero per impegnarmi in un’attività di questo tipo, c’è sicuramento un po’ di apprensione per quanto riguarda i compiti che sarò chiamata a svolgere. Questo è dovuto anche al fatto che mi troverò a lavorare in un contesto linguistico e culturale lontano dal mio. Penso però che imparerò in fretta e che riuscirò a fare un buon lavoro, anche grazie alla collaborazione con i miei compagni di viaggio. In questi giorni di formazione li sto conoscendo meglio e credo che riusciremo a creare un bel gruppo affiatato. Mi imbarco in questa avventura anche con la speranza che mi chiarisca le idee su quale carriera accademica o lavorativa intraprendere, ora che ho finito il liceo. So che aiutare gli altri mi rende felice, ma vorrei capire quale strada percorrere per meglio realizzare questo obiettivo.
Cosa pensi di poter dare o di poter trarre dall’esperienza di servizio civile?
Credo molto nel dialogo come stumento per la risoluzione dei problemi, soprattutto tra diverse culture. Quindi spero di poter contribuire in tal senso e poter arricchire me stessa con nuove prospettive e un diverso sguardo sul mondo.
Come ha reagito la tua famiglia alla tua decisione di partire così lontano, per così tanto tempo?
I miei genitori mi hanno sempre sostenuta in ogni mia scelta e sono felici per me. Ovviamente sono un po’ preoccupati, essendo io così giovane e alla prima esperienza all’estero. Nonostante sia molto legata alla mia famiglia, non temo la mancanza di casa perché so che loro saranno sempre lì quando tornerò.
Quali sono alcuni dei tuoi interessi, passioni o hobby?
Vengo dal mondo della musica e del teatro. Ho studiato violino per otto anni ma non ho mai pensato fosse la mia strada, perché non amo molto esibirmi. Una passione che invece ho iniziato a coltivare solo recentemente è quella della psicologia. Sto leggendo alcuni libri al riguardo, perché mi interessa comprendere come alla base di certi comportamenti vi siano spesso cause e processi inconsci. Allo stesso tempo, però, non vedo come questo interesse possa tradursi in ambito lavorativo, perché mi immagino in un contesto più dinamico e che tocchi vari campi.
Cosa fai per rilassarti dopo una giornata stressante?
Cammino tantissimo, a volte anche ascoltando musica. Camminare mi rilassa, non mi fa stancare, mi aiuta a liberare la mente.
Qual è la cosa che più ti fa arrabbiare?
Sono una persona molto appassionata e sono molto sensibile alle ingiustizie. Forse il mio interesse al mondo della cooperazione e del volontariato è dovuto anche a questo.
C’è qualcuno che ti ispira, può essere una persona reale ma anche un personaggio letterario o fittizio in generale.
Direi Jane Eyre. L’eroina ottocentesca del romanzo di Charlotte Brontë, che rivendica un’uguaglianza rispetto agli uomini e segue le sue idee fino alla fine senza mai cedere. Nonostante varie difficoltà personali, non scende mai a compromessi.
a cura di Federica Del Missier
Sophie Buttaro (Progetto COSPE, Bologna: “Giovani, Pace e Cittadinanza”)
UN MINESTRONE DI EMOZIONI
Sophie ha 25 anni, ama i gatti, i dolci, il cinema, ma soprattutto sua nonna! Ricca di entusiasmo e sempre sorridente, si definisce anche timida, e spesso si sente fuori luogo. Studentessa universitaria fuori sede, quest’anno ha deciso di dedicare parte del suo tempo al Servizio Civile.
Allora Sophie, raccontami un po’ di te.
Sono originaria di Bari, ma vivo a Bologna per motivi di studio. Sono laureata in lettere e adesso studio antropologia culturale, e sto facendo una tesi sull’antropologia delle pratiche religiose. Faccio anche attivismo in una associazione trans femminista di Bologna, perché sono molto legata alle tematiche di genere.
Come mai hai deciso di fare questa esperienza di Servizio Civile?
Mi sono avvicinata al Servizio Civile quando, parlando con un mio amico, sono venuta a sapere che lui aveva fatto questa esperienza. Così ho iniziato ad informarmi e ho trovato molti progetti interessanti in diverse associazioni a cui poter fare domanda. Credo sia un’ottima occasione per potersi formare, per approfondire un po’ le tematiche di genere ed imparare a sviluppare laboratori di sensibilizzazione nelle scuole.
Cosa ti piacerebbe fare da grande?
Mi piacerebbe poter sviluppare laboratori di educazione sessuale, alla cittadinanza, laboratori di sensibilizzazione, in un progetto continuo con l’auspicio che i laboratori non vengano fatti una tantum, ma che entrino nel modus operandi del sistema scolastico, così da poter sensibilizzare bambini e ragazzi fin dai primissimi anni.
“Nata con lo zaino in spalla”, come la definisce sua madre, perché la piccola Sophie ha preso il suo primo aereo a 15 giorni, non ha mai avuto esperienze lavorative o di studio all’estero, però ama molto viaggiare e non perde mai occasione per scoprire posti e persone nuove. “Io sono sempre in giro. Quest’anno non avrò molto tempo libero, però che ne so, magari me ne andrò via un paio di giorni. Ho visto che ora ci sono dei voli a 5 euro per Copenaghen da Bologna”. Ah, davvero? “Bomba, si!”.
Cibo preferito?
Allora, per i dolci, il tiramisù. Per il salato, il minestrone di verdure, ma quello fatto da me. Non puoi capire come lo faccio buono!
Colore preferito?
Mi piace tantissimo il rosa per gli oggetti, ma per gli indumenti, decisamente il nero.
Fai un saluto a tutti!
Ciao ragazzi, è stato un piacere!
a cura di Anna Bertini
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