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Diritto umano all’acqua: un sogno da realizzare. A 10 anni dalla risoluzione ONU…

COMUNICATO STAMPA

A dieci anni dalla risoluzione dell’ONU del 28 luglio 2010-2020.

Diritto umano all’acqua: un sogno da realizzare

“Sono passati 10 anni, dalla risoluzione del 28 luglio 2010, in cui l’Assemblea delle Nazioni Unite ha riconosciuto il diritto all’acqua come diritto umano, universale, autonomo e specifico, precondizione per l’accesso a tutti i diritti. A tutt’oggi il diritto all’acqua, cioè l’accesso garantito a tutti almeno al minimo vitale – fissato dall’OMS in 50lt/pers/gg – resta però un sogno perché è un diritto solo proclamato dagli Stati ma non garantito neanche da quelli che hanno inserito in costituzione questo riconoscimento o adottato provvedimenti legislativi.

Purtroppo anche l’accesso all’acqua potabile per tutti, subordinato al pagamento di un prezzo equo, fissato dalla Agenda 2030 come un obiettivo di sviluppo sostenibile a tutt’oggi non è garantito in molti Stati e un Rapporto UN Water segnala che questo obiettivo dell’Agenda ONU non sarà raggiunto da tutti i Paesi sottoscrittori dell’Agenda neanche nel 2030”.

“Il diritto umano all’acqua potabile per tutti resta quindi a distanza di 10 anni dal suo riconoscimento un sogno ancora da realizzare per molti persone nel mondo”: è questo il punto di vista dei partner del progetto “Le città e la gestione sostenibile dell’acqua e delle risorse naturali”, realizzato dal Centro per il Volontariato Internazionale (CeVI) di Udine, con un partenariato costituito da molteplici partecipanti attivi: Cittadinanzattiva, Comitato Italiano per il Contratto Mondiale dell’Acqua (CICMA), Coordinamento Enti locali per la pace, People Help the People (PHP), Università di Udine – DPIA, Gruppo Missioni Africa (GMA), CAFC Spa (Udine) e CIPSI. Il progetto è finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) con AID 11788.

L’acqua è stata la principale alleata dell’umanità nella lotta di prevenzione dal Covid 19 e lo sarà anche in caso di nuove pandemie. Eppure anche difronte all’indispensabile ruolo che l’acqua assume per garantire il diritto alla vita e la sicurezza igienico/sanitaria, permane l’indifferenza degli Stati e della stesse Agenzie ONU rispetto alla adozione di strumenti giuridici, di diritto internazionale, come la proposta di adozione di un 2° Protocollo opzionale al Patto PIDESC per il diritto umano all’acqua, presentato dal Contratto Mondiale dell’acqua al Consiglio dei Diritti umani aprile del 2019, che definiscano cioè le modalità con cui gli Stati di fanno carico di garantire l’accesso all’acqua come diritto umano, con relativo copertura del costo.

Con riferimento al contesto italiano, a distanza di 10 anni dal referendum sull’acqua pubblica (2010), da una recente consultazione civica realizzata da Cittadinanzattiva (Giugno 2020) emerge che il 46,9 % del campione degli intervistati ritiene che l’accesso a tutti al minimo vitale e all’acqua potabile come diritto umano, deve essere garantito attraverso un prezzo politico, fissato dalla Autority (ARERA) come un tempo avveniva attraverso il CIPES. Un restante 32% propone attraverso la fiscalità generale. Attualmente l’accesso gratuito al minimo vitale in Italia è garantito solo alle fasce più disagiate, attraverso il bonus idrico con copertura dei costi da parte degli utenti.

Con questo progetto “Le città e la gestione sostenibile dell’acqua e delle risorse naturali” si intende produrre cambiamenti a livello di comportamenti sostenibili, con un aumento della consapevolezza e degli impegni a livello di: Città, cittadini, aziende, società civile, istituzioni e scuole.

Ufficio Stampa, CIPSI, Nicola Perrone, ufficiostampa@cipsi.it, M 329.0810937 –

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Ufficio stampa

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