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Legge di bilancio senza cooperazione, in cinque anni azzerati i progressi della riforma

29 Novembre 2020

@Info Cooperazione

Che la cooperazione internazionale non sia mai stata una vera priorità della politica italiana lo sappiamo da sempre, ma dal 2015, quando il nostro paese si è preso la briga di approvare una riforma del settore e di cambiare nome al Ministero degli Esteri per aggiungerci la Cooperazione Internazionale come parte integrante della politica estera dell’Italia (MAECI) non si era mai assistito a un disinvestimento come quelle che lascia presagire la bozza della legge di Bilancio 2021-2023 in discussione in Parlamento. La Cooperazione è proprio scomparsa dai radar al netto di qualche riferimento alla partecipazione ad alcuni fondi internazionali.

Un’incomprensibile strategia al ribasso che strizza l’occhio a chi in tempo di Covid vorrebbe un Italia che pensa solo alle proprie ferite dimenticando una delle poche cose che questa pandemia ci ha già insegnato, il valore della collaborazione tra paesi e tra cittadini e istituzioni.

Un paese che si appresta a presiedere il G20 e condividerà con il Regno Unito nel 2021 la presidenza della Cop26 ma che non riesce ad andare oltre le dichiarazioni d’intenti e tenere fede agli impegni politici espressi in documenti, dichiarazioni e accordi internazionali.

Che la situazione non fosse rosea per l’aiuto allo sviluppo dell’Italia ce lo aveva anticipato alcune settimane fa la ricerca pubblicata da Openpolis-Oxfam sull’APS italiano nel 2019. I dati sono sconfortanti: il rapporto Aps/Rnl (reddito nazionale lordo) è tornato ormai ai livelli del 2015, ovvero di fatto allo 0,22% anche se alla Farnesina parlano di 0,24 – 0,25%, peraltro sommando agli investimenti diretti (linea multilaterale e linea bilaterale) quelli del Ministero degli Interni per il capitolo dell’accoglienza dei rifugiati.

Insomma retrocediamo di molte posizioni nonostante nel 2017, con 3 anni di anticipo rispetto agli impegni sottoscritti dall’Italia per il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu, fosse stato raggiunto il traguardo intermedio del 0,30%, fissato per il 2020. Il consuntivo 2019 ci riporta quindi ai livelli della cooperazione pre-riforma, annullando gli sforzi fatti negli ultimi cinque anni.

Tra palazzo Chigi e il Parlamento sono queste le settimane decisive per la chiusura della legge di Bilancio 2021-2023 e quindi gli ultimi giorni disponibili per cercare di far sentire al governo e alle forze politiche la voce degli attori coinvolti nel sistema cooperazione. Ci stanno provando in primis le rappresentanze della società civile, le reti delle OSC (AOI, Cini e Link2007) con un a serie di iniziative mirate in particolare alle commissioni parlamentari.

Una proposta unitaria delle reti riguarda la creazione di un Fondo italiano di risposta alla pandemia mondiale, di durata triennale, con stanziamenti di 200 milioni per il 2021, 2022 e 2023, volto a sostenere interventi multistakeholder di impatto per affrontare la crisi sanitaria, economica e sociale nei Paesi più poveri, prioritari per l’Aps italiano: la giustificazione di questo Fondo è legata all’emergenza della lotta alla pandemia mondiale sottolineata dal presidente del Consiglio, con l’obiettivo di dar forza al Tavolo Interministeriale Covid-19 presso il MAECI, la cui prima sessione è stata inaugurata il 30 giugno scorso dal ministro Di Maio e coordinata dalla viceministra Emanuele Del Re. Ovviamente l’emendamento proposto dalle ONG precisa che il Fondo andrà definito nei suoi aspetti strutturali mediante un apposito decreto del MAECI, nel cui bilancio deve essere incardinato.

Una seconda proposta riguarda gli aumenti incrementali dell’APS italiano per consentire un riallineamento con gli impegni internazionali. Anche a fronte delle aumentate esigenze legate alla crisi da Covid-19, si ritiene necessario aumentare le risorse per l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo italiano con stanziamenti progressivi nel triennio per un valore di 150 milioni di euro nel 2021, 300 milioni di euro nel 2022 e 450 milioni di euro nel 2023 al netto delle spese sostenute in Italia per l’assistenza ai rifugiati.

Infine, sempre sul tema dei costi sostenuti per rifugiati e richiedenti asilo, un terzo emendamento chiede il passaggio di titolarità del fondo previsto per il MAECI dalla L.145/2018 sui costi dei rifugiati. AOI chiede che questo fondo, indicato negli art.767 e 768 della suddetta legge, non sia più gestito dalla Direzione Generale per gli Italiani all’Estero, ma passi sotto la DGCS, come investimento in programmi di aiuto umanitario e cooperazione internazionale dell’Italia verso i Paesi target dell’immigrazione non solo verso l’Europa, ma anche circolare per esempio in Africa, ovviamente gestito dall’AICS, Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, come prevede la L.125/2014.

Fonte: www.info-cooperazione.it

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