venerdì, Novembre 22, 2024
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Premio Morrione. Si fa facile a dire inchiesta. Ma come si fa? Te lo raccontano le finaliste e i finalisti 2023



Amica/o,  Roberto Morrione in questi giorni avrebbe compiuto 82 anni.

Noi ogni anno chiediamo ad una persona che lo ha aveva conosciuto di condividere un ricordo, di farlo senza limitarsi a commemorare, a celebrare, ma cercando di tracciare il profilo del giornalista e del cittadino attivo. Per continuare a raccontarlo agli under30, che sono il cuore di questa nostra comunità.

Quest’anno abbiamo chiesto a Norma Ferrara, giornalista di Report Rai 3, che con Roberto Morrione condivise gli anni di lavoro e impegno a Libera Informazione

Di seguito alcune testimonianze raccolte.

“Il sole di marzo che si affacciava tra i palazzi di Roma Nord, avanzava timido anche sulla piccola scrivania elegante e ordinata di Roberto, illuminando, minuto dopo minuto, ogni dettaglio: la penna stilografica, il computer anni ‘90, un’agenda fitta di appunti, alcuni libri e infine lui, il suo baffo.  Era pomeriggio e nell’aria c’era un po’ di tensione. Avevamo pensato per settimane a quella riunione con il direttore che non vedevamo da un po’. In quel periodo le comunicazioni quotidiane viaggiavano sulla linea telefonica che vedeva da un lato Roberto Morrione, 40 anni di Rai vissuti quando molti di noi non erano ancora nati, e dall’altro un nascente segretario di redazione, Gaetano Liardo, che sentiva sulle sue spalle una responsabilità di gran lunga più grande del ruolo che svolgeva. Erano gli ultimi anni di un progetto, la Fondazione-Osservatorio sull’informazione e contro le mafie “Libera Informazione”, nato tra mille difficoltà e alcuni abbandoni: due professionisti come Alessio Magro e Mariangela Paone, avevano dovuto lasciare il progetto per proseguire con il loro percorso professionale. Mancarono molto a Roberto e a noi che, più giovani e meno esperti, avremmo avuto ancora molto da imparare da loro. Insieme ad Alessio e Mariangela, con Lorenzo Frigerio che arrivava da Libera e i colleghi Stefano Fantino e Giacomo Governatori assistemmo alla nascita di Libera Informazione nel settembre 2007 e ad una inversione di percorso nella storia di un uomo di potere. Dopo il pensionamento dalla Rai, azienda alla quale aveva dedicato tutta la sua vita professionale, Roberto aveva scelto di riportare il suo impegno civile lì dove era nato nella sezione di partito: fra i giovani, sui territori, raccogliendo le istanze dei cittadini. Era corteggiato da istituzioni e alcune testate giornalistiche per ricoprire ben altre cariche a fine carriera, ma lui scelse di dare vita a uno spazio di informazione e azione sui temi delle mafie e rimase con noi sino alla fine. “

L’ultima battaglia di Roberto
La riunione ebbe inizio e Roberto ascoltò le nostre proposte e qualche lamentela. Il  progetto cui stavamo lavorando era stato letteralmente travolto negli anni da numerose istanze arrivate da giornalisti, insegnanti, attivisti, giovani, enti locali, aveva quindi dovuto seguire diverse strade e da Osservatorio sull’informazione era diventato un giornale on line. “Devo confessarvi” – disse quel giorno, con un sorriso a metà strada fra il compiaciuto e l’autocritico… – “che io l’ho pensato da subito come un giornale on line. C’è un vuoto di informazione in questo Paese e dobbiamo fare la nostra parte sul tema della lotta alle mafie, ancora così sottovalutato dalla politica e dai mass media”. Era il 2011 e negli ultimi quattro anni la “notiziabilità” dei fatti di mafia e antimafia era notevolmente cambiata. Quando avevamo dato vita a Libera informazione, la notizia di un’autobomba scoppiata in pieno centro a Foggia per mano mafiosa non arrivava nella scaletta dei tg, servivano 3-4 settimane di “lavoro” per portarla all’attenzione della cronaca nazionale. Come hanno dimostrato molti studi universitari, fra il 1999 e il 2005 c’era stata una sorta di rimozione del problema “mafie” e sui territori i giornalisti locali e gli attivisti del terzo settore erano rimasti isolati, esposti e inascoltati. Roberto con Libera Informazione li andò a cercare, uno ad uno, dalla Sicilia alla Lombardia, per riportare alla luce le loro cronache, alcune denunce che poi diventarono articoli per il portale, per dare vita a dossier o inchieste da presentare all’attenzione delle istituzioni e dell’informazione nazionale. Fu un’attività giornalistica, certo, ma fu anche una esperienza sindacale e politica, un tentativo di riorganizzare il mondo dell’informazione su questi temi.  Molti giornalisti, in quegli anni, erano precari pagati cinque euro ad articolo e di questa rivendicazione che saldava la qualità dell’informazione con il superamento del precariato giornalistico Roberto si fece portatore ovunque, sino all’ultimo congresso della Fnsi cui partecipò (video). Dentro c’è l’Italia di quegli anni, ci sono i silenzi, le pressioni, le querele subite dai colleghi, le reti sociali che supplivano alla mancanza dello Stato in diverse regioni del Sud. Dentro ci sono Roberto e la sua ultima battaglia per  un’informazione di qualità. 

Ufficio stampa

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