Storia
Solidarietà e Cooperazione CIPSI è un coordinamento nazionale che unisce 33 associazioni di solidarietà internazionale che perseguono obiettivi di cooperazione internazionale e operano mediante attività nei paesi impoveriti con un approccio di “partenariato” e iniziative di sensibilizzazione, Cultura e Formazione in Italia.
Il CIPSI è espressione della società civile e si caratterizza per essere un’associazione “indipendente” da qualsiasi vincolo di carattere politico o ecclesiale, che identifica la propria filosofia di azione nella persona e nella promozione di tutti i diritti fondamentali.
La nascita del Cipsi risale all’ottobre del 1982: si sentiva l’esigenza di una struttura nazionale di coordinamento e di promozione di questo nuovo approccio della cooperazione, fondato su relazioni dirette fra gruppi della società civile del Nord e del Sud del mondo, e non più esclusivamente fondato su un rapporto di assistenza tecnica o di testimonianza personale di impegno da parte di volontari o missionari, spesso sganciati da un approccio progettuale.
L’allora Dipartimento per la Cooperazione allo Sviluppo, del Ministero degli Affari Esteri, che gestiva le attività di assistenza tecnica nei cosiddetti “Paesi in Via di Sviluppo”, organizzò a Venezia nell’autunno del 1982 la prima Conferenza Nazionale delle Organizzazioni italiane di sviluppo, per verificare la disponibilità di tutte le espressioni organizzate della società civile impegnate nel settore della solidarietà internazionale a stabilire rapporti di collaborazione organici e progettuali con la Pubblica Amministrazione.
Forte di questa apertura, il 4 ottobre 1985 l’operatività del Cipsi viene formalizzata mediante la costituzione in associazione ai sensi del codice civile, con atto notarile e registrazione dello Statuto presso il Tribunale di Milano. Il 14 settembre 1988 il Cipsi viene riconosciuto dal Ministero degli Affari Esteri, come Organizzazione Non Governativa di cooperazione internazionale strutturata come coordinamento nazionale, ottenendo l’idoneità per la realizzazione di progetti di sviluppo di medio e lungo periodo, la formazione in loco, lo svolgimento in Italia di attività di informazione ed educazione allo sviluppo, ai sensi della prima legge organica di cooperazione, la Legge n. 49, approvata dal Parlamento italiano il 26 febbraio del 1987.
Si affianca così alle due Federazioni nazionali di Ong già esistenti (Cocis e Focsiv).
Questo riconoscimento premia il lavoro svolto negli anni compresi fra il 1985 e il 1987. In questi anni il Cipsi è stato tra i protagonisti, con rappresentanti dei sindacati, della Caritas italiana, delle principali Associazioni nazionali (Acli, Agesci, Focolarini,…) di una costruttiva azione di lobby verso le forze politiche italiane per avviare un nuovo processo legislativo con l’obiettivo di dotare l’Italia della prima legge organica di cooperazione, con alcune proposte fortemente innovative come: l’istituto delle “idoneità differenziate”, l’autonomia progettuale delle Ong, la deducibilità fiscale dei contributi versati dai cittadini a favore dei progetti di sviluppo, la differenziazione della definizione degli indirizzi di cooperazione dalla programmazione economica.
Fra le innovazioni “culturali” di cui il Cipsi si è fatto promotore in quegli stessi anni, la principale è quella di aver saputo rendere “visibili” le potenzialità esistenti nella società civile dei paesi del Sud e del Nord del mondo. Nei paesi impoveriti il Cipsi ha stimolato il superamento di un approccio di cooperazione basato sull’invio di volontari e cooperanti – intesi come gestori esclusivi dei progetti di sviluppo – con l’obiettivo di rimuovere i vincoli di dipendenza culturale. A livello italiano, tramite la realizzazione nel 1988 del primo Rapporto nazionale sull’associazionismo, e successivamente nel 1993 del secondo Rapporto, il Cipsi ha inoltre contribuito a rendere visibile il silenzioso lavoro educativo e di solidarietà in termini finanziari, gestito da oltre 857 associazioni e gruppi, privi dei riconoscimenti da parte del Ministero degli Affari Esteri, che costituivano un patrimonio di solidarietà decentrato sul territorio, scarsamente tenuto in considerazione dalla cooperazione governativa.
Sempre in quegli anni, consapevole del crescente ruolo che l’Europa stava assumendo come nuovo soggetto politico, il Cipsi ha avviato i primi rapporti di collaborazione con la Commissione Europea, e nel 1987 ha ricevuto il primo cofinanziamento per un progetto, a livello europeo, con il lancio della Campagna “Nord-Sud: un avvenire comune”, promossa e realizzata in collaborazione con il Consiglio d’Europa.
Nell’intento di rafforzare il proprio patto federativo, di fronte al crescere delle richieste di adesioni, in una situazione di cambiamento sociale nazionale e internazionale, sempre nel 1987 il Cipsi sente l’esigenza di dotarsi di una “Carta Programmatica”, che è un vero e proprio codice etico di comportamento. Questo documento si affianca allo Statuto e sintetizza i valori del partenariato, dell’autonomia, e le scelte del rafforzamento della società civile del Sud del mondo, di cui il coordinamento si fa promotore nell’ambito della cooperazione. L’entrata in vigore nel 1987 della nuova legge di cooperazione, che sancisce il riconoscimento di una delle richieste politiche di cui il Cipsi si era fatto promotore: la soggettività ed autonomia progettuale delle Ong, concepite invece dalle precedenti leggi di cooperazione come strumenti operativi delle politiche e dei programmi di cooperazione bilaterale definiti nell’ambito della politica estera dell’Italia, determina nel Cipsi una ridefinizione dei propri obiettivi strategici. Dalla priorità per la promozione di un nuova “cultura della cooperazione”, il Cipsi passa quindi a concentrare i suoi sforzi sul monitoraggio delle modalità di applicazione della nuova legge di cooperazione.
Viene così avviato un “osservatorio” – tramite le delibere del Ministero degli Affari Esteri – sugli impegni e finanziamenti di progetti di sviluppo. Nell’autunno del 1989, a due anni dall’entrata in vigore della Legge 49, il Cipsi organizza la prima Conferenza nazionale di verifica sullo stato di attuazione della legge dal provocatorio titolo “Cooperazione allo sviluppo: pratiche diverse a confronto”. Dai lavori, che vedono per la prima volta organizzazioni della società civile del Sud esprimere giudizi sulle politiche di cooperazione finanziate o realizzate dall’Italia, emerge una ferma denuncia del rischio di snaturamento dei principi cardini della Legge 49.
In particolare il prevalere nella gestione delle risorse di politiche di intervento differenziate, il sostegno indiretto alle imprese italiane e la ricerca di nuovi mercati commerciali per i prodotti italiani, la dimensione assistenziale accanto a quella della solidarietà promossa dalle Ong, con conseguente contrapposizione o conflittualità di questi filoni di intervento a livello di paesi o di settori. Andati a vuoto molteplici appelli e denunce lanciati negli anni successivi, all’interno degli organi collegiali, dai rappresentanti del Cipsi e delle altre due Federazioni nazionali di ong, affermandosi sempre più marcatamente un uso strumentale dei fondi destinati alla cooperazione per lo sviluppo, il Cipsi nel gennaio del 1993 passa ad una fase di denuncia pubblica dei “mali della cooperazione”. Insieme ad altre sette riviste del mondo Missionario. Il Cipsi realizza infatti un dossier diffuso in 100.000 copie, in cui si denunciavano le responsabilità politiche e gestionali del fallimento della Legge 49. Ma anche le profonde trasformazioni intervenute all’interno delle stesse Ong, ove la maggioranza era ormai dipendente, spesso al cento per cento, dai finanziamenti pubblici, e quindi si era trasformata in strumento di attuazione solo delle politiche governative.
Questo Dossier, che metteva in evidenza anche gli interessi e gli intrecci politico-partitici, sottostanti il finanziamento dei progetti, ha stimolato la successiva indagine investigativa avviata dalla magistratura e la costituzione della Commissione parlamentare di inchiesta, i cui risultati non sono peraltro mai stati pubblicati.
Accanto all’azione di denuncia delle perversioni in cui era caduta la cooperazione italiana, al Cipsi va riconosciuto il coraggio di aver saputo indicare al mondo dell’associazionismo e alle stesse forze politiche alcune piste per un rilancio della soggettività e del ruolo delle Ong. Dal 1993 al 1995 il Cipsi lancia alcune provocazioni innovative.
Come la richiesta di sganciamento delle attività di cooperazione pubblica dalla promozione economica delle imprese italiane e da vincoli diretti con la politica estera. E la separazione della gestione dei crediti di aiuto – di tipo commerciale – dagli impegni a dono. O il ritorno al principio del cofinanziamento dei progetti promossi, e la riduzione dell’utilizzo delle Ong come agenzie esecutrici di progetti affidati. Ed ancora: il varo di strumenti di sostegno al rafforzamento delle realtà organizzate del Sud. In questo periodo in Italia le forze politiche sembrano tornare ad impegnarsi per varare una riforma della Legge 49, e lo stesso Parlamento nell’ambito della legge finanziaria approva i primi indirizzi di separazione tra cooperazione per lo sviluppo, commercio e crediti di aiuto.
Nei primi mesi del 1995 alcune forze politiche presentano inoltre il primo disegno di legge di iniziativa parlamentare che accoglie una parte delle proposte formulate dal Cipsi, ed in particolare quella di prevedere il conferimento della gestione delle attività di cooperazione ad una Agenzia esterna al Ministero degli Esteri. Purtroppo l’interesse politico di quegli anni, che portava alla presentazione di sei disegni di legge, era solo un fuoco di paglia, come dimostra il fatto che il dibattito sulla proposta di riforma presentata dal governo non è passata e la riforma non è ancora stata fatta. Bisogna arrivare alla fine dell’anno 2006 per intravedere una ripresa del dibattito e delle proposte legislative, in corso. Accanto all’impegno diretto sul fronte istituzionale e dell’identità della cooperazione per lo sviluppo, un secondo filone di impegno del Cipsi è stato quello ”culturale”.
In questo ambito il Cipsi ha il merito di aver saputo creare le premesse per un graduale passaggio, nel mondo degli operatori, dalla dimensione della “testimonianza” personale a quella dell’approccio di solidarietà, come espressione di un gruppo e di una comunità del Nord a sostegno di associazioni ed individui del Sud. Nel mondo della comunicazione ha valorizzato le fonti di informazione e gli operatori locali, favorendo così l’inserimento della voce del Sud del mondo nei media italiani.
Quando nacque il Cipsi la maggior parte degli operatori, istituzionali e non, erano piuttosto scettici sulla capacità di aggregazione e di innovazione in un contesto come quello delle Ong italiane di operatori già schierati in blocchi contrapposti tra laici e cattolici. Il Cipsi si proponeva come una struttura “indipendente”, rispetto ai partiti politici o alle istituzioni pubbliche o religiose, “pluralista”,cioè aperto al dialogo e al confronto con le diverse matrici culturali o ideologiche, “interculturale”, impegnato cioè nella valorizzazione delle identità dei partner del Sud.
Negli anni ’80 inoltre, se l’appartenenza ideologica costituiva un vincolo culturale molto forte nella società civile italiana, la cooperazione aveva un significato omologo a un dover fare e gestire in nome e per conto dei poveri. Le espressioni “solidarietà internazionale”e “rapporti di partenariato”,introdotte dal Cipsi ed affiancate ad approcci di assistenza tecnica e di cooperazione economica per lo sviluppo, erano scarsamente accettate e condivise dal mondo degli operatori, anche perché prive di azioni concrete che rendessero “visibile” questo nuovo orientamento.
Infatti era una innovazione fondata su rapporti fiduciari alla pari con associazioni e gruppi del Sud, rispetto a quelli basati sulla delega gestionale dei progetti e delle risorse finanziarie a volontari, cooperanti o a soggetti organizzati come gli imprenditori e gli istituti missionari. L’atteggiamento culturale prevalente in quegli anni riteneva che la lotta contro la povertà e la miseria fosse un compito da “delegare” ai missionari, ai volontari, alla chiesa, alle Ong riconosciute, cioè a soggetti organizzati del Nord, e non un impegno civile dei singoli cittadini del Nord e del Sud del mondo insieme. Il Cipsi ha dovuto alacremente dimostrare la fattibilità del suo progetto culturale, e lo ha fatto puntando proprio sul “dovere etico” di tutti i soggetti e dei singoli cittadini ad impegnarsi nella lotta alla miseria, che è spesso la conseguenza di cause strutturali, di vincoli di dipendenza, ma anche di comportamenti sul piano culturale, politico, economico, che richiedono assunzioni di responsabilità da parte di tutti.
Mentre la maggior parte delle principali Ong italiane e delle altre due Federazioni hanno concentrato i loro investimenti nel rafforzamento delle strutture in Italia e nella difesa spesso corporativa dei propri modelli di intervento (volontariato, programmi affidati ed umanitari), il Cipsi ha puntato a rafforzare e a far conoscere quelle espressioni della società civile, presenti in molti paesi del Sud e spesso operativi accanto ai missionari, alle chiese locali o a livello di villaggio, come le organizzazioni contadine, i gruppi di donne, le associazioni di villaggi, le federazioni di gruppi di produzione e commercializzazione di prodotti.
Fra i soggetti del Sud oggi consolidati sul piano internazionale, che hanno beneficiato di supporti finanziari o di relazioni di partenariato da parte del Cipsi, si possono ricordare: il Saild in Camerun, la Fongs ed il Cncr in Senegal, il Movimento dei Senza Terra in Brasile, il Prda in Sri Lanka, l’Assefa e l’Onissa in India [v. parte “Iniziative di Partenariato”]. Sempre a partire dalle richieste avanzate dai partners del Sud, il Cipsi ha avviato, a partire dal 1996, un impegno crescente sul piano della ricerca e della identificazione di strumenti finanziari “flessibili” in grado di garantire l’accesso al credito, e quindi di promuovere la crescita economica di attività imprenditoriali promosse al Sud da piccole cooperative e singoli operatori del Sud del mondo. Questo impegno si è concretizzato nella pubblicazione di alcune ricerche, ma soprattutto nell’avvio di rapporti di sinergia con il mondo bancario e finanziario e nel successivo lancio in Italia, nel 1995, della proposta “risparmio etico” collegata al primo Fondo di Investimento obbligazionario a valenza etica.
Sulla base di questa provocatoria proposta del Cipsi in Italia si è successivamente diffuso un ampio dibattito in tema di finanza etica, con il conseguente lancio da parte di banche e finanziarie di strumenti finanziari a sostegno del microcredito.
Ulteriori filoni di impegno, in ambito “culturale”, che meritano di essere ricordati, sono relativi al contributo che il coordinamento ha dato, nel corso di questi anni, sul piano promozionale e spesso anche gestionale, con la messa a disposizione di risorse finanziarie, per la realizzazione di Campagne nazionali di sensibilizzazione volte a sostenere proposte di riforma. Ed ancora: richiamare l’attenzione su tematiche di primaria importanza, agire sul piano della formazione permanente del mondo degli operatori di cooperazione internazionale attraverso l’avvio di una scuola di formazione e di aggiornamento, che ha consentito di pervenire alla realizzazione di specifici software e programmi gestionali, nonché di criteri contabili a livello di bilanci e di rendicontazione dei fondi pubblici, alla formazione dei quadri delle associazioni in ambiti come la responsabilità sociale, la finanza etica, la gestione, il fund-raising.
La progettualità operativa e strategica del Cipsi si esprime storicamente con le seguenti modalità.
Nei Paesi del Sud: sostenere tutte le iniziative finalizzate a soddisfare i diritti fondamentali, sviluppare le potenzialità locali, promuovere il rafforzamento degli attori sociali in grado di farsi carico del miglioramento delle proprie condizioni di vita e dei propri diritti.
Nei Paesi del Nord: promuovere l’informazione dei cittadini per responsabilizzarli ai problemi del Sud del mondo, stimolarli ad affrontare con un nuovo approccio culturale le relazioni con i popoli impoveriti del Sud del mondo, favorire una formazione aperta a sostenere lo spirito del partenariato da parte degli operatori della cooperazione, e mobilitare gruppi ed istituzioni contro le ingiustizie e in favore del sostegno di forme di sviluppo economico. Al proprio interno il Cipsi, dopo aver svolto nei confronti dei propri associati il ruolo di strumento di valorizzazione delle identità delle singole Ong, di scambio di conoscenza, di accompagnamento nella individuazione dei partner e delle attività da sostenere dei paesi del Sud, svolge oggi il ruolo prevalente di una struttura di coordinamento sia politico sia di realizzazione di iniziative concrete consortili.
Dalla fine degli anni Novanta il Cipsi si è infatti trasformato in una Rete di partenariato, nella quale le singole Ong operano nel rispetto di una programmazione di iniziative ed interventi di solidarietà realizzata tramite Tavoli di concertazione coordinati in piani strategici settoriali e tematici, che vengono elaborati e definiti dalle Ong associate, tramite le strutture consortili di cui il coordinamento si è dotato. Le caratteristiche fondanti dell’approccio di partenariato del Cipsi sono diventate: la concentrazione geografica su un numero limitati di paesi, l’adozione del metodo della “concertazione”come modalità per l’identificazione e la definizione sia delle priorità – geografiche e settoriali – sia degli strumenti finanziari a sostegno delle organizzazioni della società civile locale. Nella salvaguardia e nel rispetto delle specifiche vocazioni delle singole Ong, ciascuna delle associate al Cipsi partecipa attraverso i singoli Tavoli di concertazione o gruppi di lavoro alla definizione delle priorità geografiche e settoriali, e successivamente alla definizione degli obiettivi specifici delle singole attività.
Nell’ambito dei singoli piani strategici, le Ong che hanno accettato l’unitarietà di indirizzi culturali e politici definiti e convenuti all’interno dei singoli Tavoli concorrono alla successiva realizzazione delle iniziative.
Il Cipsi, sul piano operativo e progettuale, si presenta oggi come un coordinamento che:
- persegue obiettivi unitari e condivisi rispetto alle strategie di partenariato, utilizzando strumenti comuni di gestione operativa e finanziaria delle attività sia all’estero sia in Italia;
- adotta comportamenti collettivi e dinamici nella gestione dei “piani” di intervento;
- accetta e valorizza le specificità delle Ong associate tramite azioni consortili;
- sostiene e aderisce alle campagne nazionali o internazionali di difesa dei diritti e di riforma delle strutture internazionali.
Nel corso di questo processo costituente di una progettualità di Rete di partenariato, fra le Ong associate al Cipsi si sono intrecciati ed alternati processi di convergenza, adesioni differenziate agli strumenti consortili, ma anche differenziazioni di opinioni. Come ogni struttura democratica, preoccupata di rispettare ed interpretare alla luce dei nuovi scenari la propria missione istituzionale, il Cipsi ha provveduto ad attivare processi di aggiornamento, a partire dal 1995, del proprio Statuto, della propria struttura organizzativa, ma soprattutto della propria Carta Programmatica (v. Allegati), nell’intento di rispettare i differenziati livelli di adesione e di partecipazione alle strutture consortili.
Questa fase di ristrutturazione si è conclusa con il riconoscimento del Cipsi come Ente Morale, con ecreto MAE nel 1997 e successivamente con la acquisizione dello status di Onlus ai sensi della legge 460/98.
Dopo l’11 settembre del 2001 i più acuti osservatori internazionali hanno previsto che nulla sarebbe stato più come prima, ma forse nessuno aveva compreso la portata di questa valutazione. Abbiamo assistito a trasformazioni molto profonde nello scenario internazionale, che si sono radicalizzate dopo il conflitto in Afghanistan, ma ancor più nettamente dopo l’attacco anglo-statunitense all’Iraq.
Una vera e propria “crisi di civiltà”, che ha i suoi estremi più distanti, ma anche più simbolici, da un lato in Bush jr alla guida della superpotenza statunitense, dall’altro nella crisi di consenso rispetto all’ordine mondiale, manifestatosi con l’insorgenza del “Movimento di Porto Alegre”, che punta, tra l’altro, a boicottare le grandi sedi decisionali globali, dalla prima rivolta contro l’espansione dell’arbitrio dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) a Seattle, al G8 di Genova, fino all’assemblea ministeriale del Wto a Cancun. Il ristagno dell’economia internazionale, nonostante il tentativo nemmeno troppo nascosto di rilancio dei mercati attraverso l’economia di guerra, la paura del futuro, l’affermazione degli interessi individuali su quelli collettivi, l’impegno prioritario nella lotta contro il terrorismo internazionale, il rilancio del principio della “guerra preventiva permanente”, associata alla marginalizzazione del ruolo politico e negoziale delle Nazioni Unite: tutti questi rivolgimenti hanno determinato, rispetto agli indirizzi e alle priorità della cooperazione internazionale, significativi cambiamenti di prospettiva con i quali il mondo dell’associazionismo italiano, e quindi anche il Cipsi, si è dovuto confrontare.
Innanzitutto abbiamo registrato un crollo dell’impegno politico da parte dei principali Paesi donatori, che si è espresso con un drastico ridimensionamento delle risorse destinate all’aiuto pubblico per lo sviluppo e con la prevalenza della dimensione multilaterale, attraverso la delega alle Agenzie delle Nazioni Unite ed alle imprese della gestione concreta dei programmi di lotta alla povertà e di emergenza sanitaria. Si ridimensionano così il ruolo e l’autonomia delle Ong, come prova l’evidente calo dell’impegno finanziario del Ministero degli Affari Esteri italiano (la prima inversione di tendenza avviene solo nel 2007) e dell’Unione Europea, ma anche la selezione operata sul numero delle Ong beneficiarie di contributi.
La “beneficenza”prevale sull’azione politica di cambiamento, come prova la tendenza delle istituzioni pubbliche a privilegiare la scelta di interventi umanitari rispetto ad azioni a medio e lungo termine, e la crescente richiesta di trasformazione della natura delle Ong in agenzie di esecuzione dei progetti.
A livello italiano solo nel 2007 – con il governo Prodi – si è visto un primo tentativo di iniziativa di riforma della legislazione italiana sulla cooperazione allo sviluppo. Ma ci sono anche altri problemi: le priorità scelte nel nuovo corso del ministero hanno decretato l’abbandono di alcune aree geografiche e settori di interventi prioritari per le Ong del Cipsi: i Paesi dell’Africa e dell’America latina, ed in particolare i cosiddetti Paesi ACP, rientrano sempre meno fra le priorità degli enti cofinanziatori. Il mondo delle Ong italiane, in questi anni, ha vissuto un’apertura esponenziale dei fronti di impegno e degli eventi internazionali.
Basti ricordare le energie profuse nel corso dei “World Food Summit” della Fao e la partecipazione alle principali Conferenze e Summit Internazionali come la Conferenza Finance for development”, o i molteplici Vertici dei G8, dove il Cipsi ha partecipato direttamente e attivamente, con un ruolo di sensibilizzazione e di guida politica fino al 2003. Successivamente il Cipsi ha deciso di abbandonare i vertici perché al servizio delle grandi potenze dominanti, degli interessi di parte e delle multinazionali. “Lasciamoli soli” è stato il nostro slogan. Eppure, proprio, forse, a partire dal confronto più serrato e prossimo con le istituzioni internazionali, ma anche con le istanze di cambiamento dal basso che crescono dalla società civile e dall’associazionismo organizzato di tutto il mondo, nel pianeta delle Ong italiane ed europee si è fatto più urgente un processo di riflessione per ridefinire la propria identità, in particolare rispetto alla propria capacità di svolgere il ruolo di strumento di innovazione e di mobilitazione dell’opinione pubblica che sarebbe loro proprio.
Il tradizionale impegno per lo sviluppo ed il partenariato, tipico del Cipsi e di molte Ong italiane ed europee, ha dovuto fare i conti con la crescita della dimensione umanitaria ed emergenziale promossa da molte delle stesse organizzazioni italiane. All’azione di lobby e di innovazione dialettica nei rapporti con le istituzioni, molte delle Ong italiane hanno sostituito la logica del realismo collaborativo passando così, molto in concreto, dalla progettualità autonoma alla omologazione del loro fare cooperazione con i modelli di cooperazione sociale non profit basata sulla pura erogazione di servizi, o di volontari, a supporto delle principali Agenzie internazionali. Le trasformazioni di scenario nel mondo della cooperazione hanno contribuito a ridurre ulteriormente l’autonomia e la soggettività delle Ong, fatto che, all’interno del nostro coordinamento, ha stimolato un processo di riflessione sulla programmazione degli interventi al fine di adeguare l’operatività ai nuovi scenari.
Abbiamo scelto di fare direttamente i conti con la crescente competitività e concorrenza fra le organizzazioni rispetto all’accesso ai fondi pubblici, ma anche privati; di misurarci con i nuovi limiti provocati dall’aumento della burocratizzazione delle procedure e dall’incremento dei controlli fiscali ed amministrativi, sulla base di principi di trasparenza ed efficienza; di prendere coscienza della tendenza ad un crescente coinvolgimento nei processi di “governance”delle “politiche di sviluppo” e di internazionalizzazione dei mercati, che stimola la partecipazione delle Ong come facilitatori per i processi di nuova industrializzazione. Un’occasione importante di verifica programmatica, che ha portato il coordinamento a rilanciare la dimensione valoriale ed ideale propria dei fondamenti della cooperazione. Il Cipsi ha scelto, dunque, di sviluppare una strategia e un’azione strategica basate sui valori della solidarietà e dei diritti fondamentali della persona.
Per questo abbiamo cominciato a lavorare per un rafforzamento del ruolo politico-istituzionale del Cipsi attraverso un atteggiamento di riflessione etica e politica rispetto alle tendenze in atto, all’interno del mondo della cooperazione e dell’associazionismo, di perdita della propria soggettività e rischio di trasformarsi in mere agenzie di esecuzione di progetti.
Dal punto di vista strettamente pratico, questa scelta di radicalità e di rafforzamento identitario ha consentito al Cipsi di presentarsi agli enti cofinanziatori, come una “Rete di partenariato”, in grado di sostenere l’importanza delle proprie progettualità in corso in alcune aree geografiche o tematiche non interessate dai filoni dell’emergenza, ma anche di rispondere alle nuove condizioni generali di efficienza e di solidità strutturale richieste dalla Unione Europea e dallo stesso Ministero degli Affari Esteri. Noi riteniamo, però, che il peso specifico del Cipsi sia dovuto, in gran parte, al forte investimento culturale e di approfondimento che il coordinamento ha compiuto fin dal primo momento, e continua a compiere, nella convinzione che necessario uno sforzo continuo di approfondimento e di divulgazione per promuovere, nella società civile ed in particolare all’interno del mondo dell’associazionismo italiano, la scelta irrinunciabile della solidarietà a livello globale.
Il Cipsi, in quanto rete nazionale di Ong di partenariato, si configura oggi come un organismo con le seguenti caratteristiche.
Democratico: per il coinvolgimento delle proprie componenti associative (soci, aderenti, rete amici), tramite le assemblee annuali, nelle quali tutti i soci concorrono alla identificazione delle linee politiche e culturali, al monitoraggio delle attività e della linea politica del Cipsi, e ratificano i piani strategici di intervento definiti anche dalle strutture consortili.
Popolare: per i livelli di radicamento sul territorio (soci, sostenitori, gruppi di sostegno) con cui operano le Ong associate, la loro capacità di autofinanziamento e di mettersi in rete con altre associazioni e di promuovere nuove forme di cooperazione decentrata.
Pluralista: per il metodo di lavoro basato sulla ricerca del consenso tramite il dialogo, il confronto, la collaborazione, fra Ong aventi diverse matrici culturali – cattolica, cristiana, laica, agnostica … – che individuano come valori comuni di riferimento i diritti fondamentali della Persona e l’approccio di partenariato.
Interculturale: per la convinzione che gli interventi di cooperazione, pubblici e privati, sono solo uno strumento per riconoscere, rispettare e valorizzare l’identità culturale specifica di ogni popolo, e che attraverso il rispetto delle diverse identità sia possibile costruire una nuova cultura di mondialità globale e di convivenza pacifica.
In dinamica permanente: nella consapevolezza che l’evoluzione degli scenari, le sollecitazioni dei movimenti e delle espressioni organizzate della società civile del Sud richiedono da parte delle Ong del Nord la capacità di sapersi costantemente adeguare con nuovi metodi, strumenti e modalità di fare cooperazione ed esprimere la solidarietà globale.
In relazione di partenariato con il Sud: attraverso la formalizzazione, tramite convenzioni ed accordi, di relazioni stabili di partenariato con associazioni partners del Sud del mondo che a partire dal 1990 il Cipsi è impegnato a sostenere e rafforzare. Fra i partners con i quali il Cipsi e le Ong associate hanno messo in atto modalità permanenti di appoggio istituzionale, di attività concrete o relazioni di scambio, confronto e di riflessione si possono segnalare: il Saild (Camerun), la Fongs (Senegal), i Sem Terra (Brasile), il Prda (Sri Lanka), l’Assefa (India) e le Reti Inasia (Sri Lanka) e Ired Internazionale, l’Ocd (Perù), l’Abac (Burkina Faso).
La struttura istituzionale del Cipsi, rappresentata anche sotto forma di Organigramma, si articola su tre differenziati livelli. Una dimensione “istituzionale” formata dall’Assemblea nazionale delle Ong associate al Cipsi – soci, aderenti, rete amici – composta dai presidenti delle singole associazioni che concorrono alla definizione degli indirizzi politici ed alla approvazione del bilancio; un Consiglio di Amministrazione eletto ogni tre anni, formato da un nucleo partecipato di consiglieri, eletti dall’Assemblea annualmente; una struttura operativa che assicura agli associati i servizi di consulenza, monitoraggio e valutazione, nella gestione delle attività all’estero e delle iniziative in Italia, e gestisce gli strumenti di comunicazione – rivista “Solidarietà Internazionale”, volumi, materiali informativi … – ed il rafforzamento istituzionale del coordinamento. Una dimensione “orizzontale”improntata a promuovere la partecipazione di tutte le componenti associative, tramite i Gruppi di lavoro, i Tavoli di concertazione per la definizione delle attività, nel rispetto dei livelli differenziati di adesione delle Ong associate al coordinamento, per la gestione e realizzazione dei piani strategici operativi (per le attività in Italia e nei paesi del Sud). Una dimensione “trasversale”, attuata sia a livello di struttura centrale sia a livello di territorio, tramite le Ong associate, per promuovere il coinvolgimento di altri soggetti ed associazioni operanti su tematiche connesse con la cooperazione, la solidarietà internazionale, il sociale italiano, attraverso la realizzazione di Campagne tematiche ed azioni di lobby su target della società civile.
Tramite queste azioni a valenza culturale o innovativa, il Cipsi si è impegnato a concentrare le azioni di persone, gruppi e organizzazioni su temi ed obiettivi ben delimitati e considerati strategici per promuovere un cambiamento di mentalità, culturale, di linguaggio, o perseguire obiettivi strategici nel contesto internazionale. Da qui la scelta di impegnarsi su grandi campagne nazionali e internazionali, legate all’attualità e al futuro del pianeta: l’acqua come diritto di tutti; l’Africa “che c’è” come continente da cui imparare; il microcredito come strumento di vita, e molte altre.
Il lavorare insieme, in coordinamento, per far vincere la solidarietà in Italia e nel mondo costituisce l’obiettivo del Cipsi del passato, del presente e del futuro. È una sfida nell’interesse dei popoli impoveriti del Sud del mondo.